Grassi: fanno bene o fanno male?
Conosci le differenze tra i vari tipi di grassi? Pensi
che i grassi facciano male e debbano essere eliminati dall'alimentazione? Nei
sei proprio sicuro?
di Fiamma Ferraro - 30/09/2015
Grassi: fanno bene o fanno male?
I grassi si dividono in saturi, monoinsaturi e
polinsaturi: sai quali differeze ci sono tra queste categorie e a quale classe
appartengono i grassi presenti sulla nostra tavola?
I grassi saturi
I grassi animali, a eccezione di quelli di pesce, sono
tutti prevalentemente saturi ma vi sono anche alcuni grassi saturi vegetali,
come ad esempio l’olio di cocco.
Un sondaggio recente condotto dal Medical Research
Council ha dimostrato che gli uomini che mangiavano burro correvano la metà del
rischio di sviluppare malattie cardiocircolatorie rispetto a quelli che
mangiavano margarina.
Risultati analoghi sono stati ottenuti in numerosi altri
studi. Mi limito qui a citare il più recente e importante, una meta-analisi
condotta presso l’Università di Cambridge, in cui sono stati analizzati 76
studi che hanno coinvolto mezzo milione di persone, arrivando alla conclusione
che coloro che assumono elevate quantità di grassi saturi non soffrono di
problemi cardiaci in misura superiore a coloro che evitano questi grassi. Non
molti decenni fa si raccomandava di sostituire il burro con la margarina,
composta da oli vegetali idrogenati, e cioè trattati con una speciale procedura
diretta a renderli solidi e più a lungo conservabili senza pericolo di
diventare rancidi. Si è poi ammesso che questi consigli erano sbagliati, poiché
i grassi idrogenati erano dei prodotti del tutto “innaturali”, simili alla
plastica, e hanno provocato molti danni alla salute. Anche oggi molte persone
quando leggono sulle etichette la dizione “grassi vegetali” si sentono
tranquillizzate: occorre invece perlomeno controllare che vi sia la dizione
“grassi non idrogenati”.
Vediamo quindi ora quali funzioni, della massima
importanza, svolgono i grassi saturi nel nostro corpo:
- costituiscono almeno il 50% delle membrane cellulari (e
infatti, guarda caso, nei grassi del latte materno sono presenti per il 48 %
circa);
- svolgono un ruolo vitale nella salute delle nostre
ossa. Affinché il calcio possa essere bene integrato nelle ossa, il 50% circa
dei grassi alimentari dovrebbe essere saturo;
- sono necessari per il corretto utilizzo degli acidi
grassi polinsaturi-essenziali. Gli acidi grassi omega 3 sono meglio conservati
nei tessuti quando la dieta è ricca di grassi saturi;
- l'acido palmitico è il grasso (saturo) che si trova
intorno al muscolo cardiaco e lo protegge.
A conforto dei vegetariani: come accennato, non tutti i
grassi saturi sono animali. Ve ne sono anche di origine vegetale, che fino a
poco tempo fa erano anch’essi sconsigliati, come quello da noce di cocco, di
cui stanno emergendo sempre di più le proprietà benefiche (per il buon
funzionamento della tiroide e, grazie all’acido laurico in esso contenuto, per
le sue proprietà antibatteriche e antivirali). I grassi animali, il colesterolo
e anche i grassi vegetali saturi, a lungo demonizzati, iniziano ora a essere in
parte rivalutati, ma la rivalutazione procede troppo lentamente, e nelle linee
guida “ufficiali”, nei consigli dietetici popolari e nell’opinione pubblica
sono ancora visti come dannosi e da evitare.
I grassi monoinsaturi
Quanto ai grassi monoinsaturi (che peraltro contengono
anch’essi una parte di grassi saturi) è quasi inutile soffermarsi
sull’argomento poiché sono ben note e provate le proprietà benefiche dell’olio
d’oliva, al quale sono attribuiti molti degli effetti positivi della dieta
mediterranea: l’acido oleico dal quale è in gran parte formato è anch’esso
contenuto in notevoli quantità nel latte materno. Altri oli con buone quantità
di acido oleico sono quelli di mandorle, noci pecan, anacardi, arachidi e
avocado.
I grassi polinsaturi
Quanto ai grassi polinsaturi: i due acidi grassi
polinsaturi che si trovano con maggiore frequenza nei nostri alimenti sono
l'acido linoleico (omega 6) e l'acido linolenico (omega 3). Il nostro corpo non
può produrre questi acidi grassi, pertanto detti “essenziali”, e quindi il
nostro fabbisogno deve essere ricoperto tramite l'assunzione di alimenti che li
contengono.
Si tratta di oli altamente reattivi, che irrancidiscono
facilmente; non dovrebbero pertanto essere esposti alla luce e all’aria e
soprattutto non dovrebbero essere riscaldati: infatti i grassi saturi e
monoinsaturi (come quelli di cocco e d’oliva) che resistono meglio al calore,
provengono da climi caldi. I grassi polinsaturi vegetali omega 6 sono estratti
dalla soia, dal mais, dal cartamo, dal girasole, dalla colza e dal altri semi,
mentre gli omega 3 si trovano soprattutto nel pesce.
Ovviamente anche i grassi polinsaturi essenziali (crudi e
freschi) sono importanti e ne abbiamo assolutamente bisogno (costituiscono dall’8%
al 12% del totale dei lipidi contenuti nel latte materno) ma le consuete
raccomandazioni alimentari che li hanno additati e continuano ad additarli come
gli unici grassi sani, hanno portato a un loro consumo eccessivo. Meglio
sarebbe, pur con gli adattamenti del caso, attenersi anche qui alle proporzioni
che si trovano nel latte materno, e assumerli in proporzioni non superiori a
una media del 10% del totale dei grassi assunti quotidianamente.
Omega 3 e 6: ne consumiamo troppi!
I problemi associati a un eccesso di acidi grassi
polinsaturi sono aggravati dal fatto che la maggior parte degli oli vegetali
polinsaturi commerciali sono sotto forma di acido linoleico (omega 6) con
pochissimo acido linolenico (omega 3). Numerose recenti ricerche hanno rivelato
che troppi omega 6 nella dieta creano uno squilibrio che può interferire con la
produzione di prostaglandine, il che può provocare una tendenza a coaguli nel
sangue, infiammazione, pressione alta, irritazione del tratto digestivo,
funzione immunitaria ridotta, sterilità, cancro e aumento di peso.
L’omega 3, spesso carente in proporzione all’omega 6, è
necessario per l'apporto di ossigeno alle cellule, per metabolizzare importanti
aminoacidi contenenti zolfo e per mantenere il giusto equilibrio nella produzione
di prostaglandine. Il giusto rapporto tra omega 6 e omega 3 sarebbe di circa 4
volte più omega 6 che omega 3, ma dato che l’omega 6 è contenuto in un’infinità
di prodotti preconfezionati, spesso assumiamo oltre 20 volte più omega 6 che
omega 3. Le carenze di omega 3 sono state associate anche ad asma, malattie
cardiache e difficoltà di apprendimento.
Uno dei motivi per cui gli omega 6, ma anche gli omega 3,
possono causare problemi di salute è che tendono a ossidarsi e irrancidire se
sottoposti al calore, all'ossigeno e all'umidità. Gli oli rancidi sono
caratterizzati da radicali liberi. Il consumo eccessivo di oli polinsaturi ha
dimostrato in molti studi di contribuire a varie patologie tra cui il cancro e
le malattie cardiache, la disfunzione del sistema immunitario, diabete,
problemi alla prostata, danni al fegato, alla tiroide, agli organi riproduttivi
e ai polmoni, disturbi digestivi, crescita ridotta e aumento di peso.
Va tenuto presente che questi oli sopportano molto male
l’ossigeno e il calore e, anche se non li si riscalda o si assume l’omega 3
tramite pillole di olio di pesce, dentro di noi essi sono comunque sottoposti
al contatto con ossigeno e calore (alla temperatura interna del corpo umano) e
producono radicali liberi. Vanno quindi assunti insieme ad antiossidanti. In
particolare, quanto all’olio di pesce: i pesci che vivono in mari freddi hanno
14 volte più omega 3 rispetto ai pesci che vivono in mari più caldi, e noi, che
abbiamo una temperatura del corpo di 37 gradi, abbiamo probabilmente un bisogno
ancora minore di questa sostanza, pur indispensabile.
Inoltre, per assimilare bene gli omega 6 e 3 serve iodio,
di cui molti sono carenti. Come osservo spesso l’intero è meglio della parte:
mangiare pesce, che contiene anche iodio, sembra preferibile rispetto a
prendere pillole con solo olio di pesce. Meglio sarebbe assumere olio di krill
(il krill è un minicrostaceo che occupa il gradino più basso della catena
alimentare e quindi non accumula inquinanti; inoltre contiene omega 3 in forma
fosfolipidica e anche antiossidanti).
Quanti e quali: le raccomandazioni su grassi per chi è in
buona salute
Le mie raccomandazioni in relazione ai grassi, valide per
le persone in buona salute, sono di assumere una percentuale ragionevole di
grassi, pari al 45% circa delle calorie quotidiane, nella forma di grassi sia
saturi (un po’ meno della metà del totale dei grassi quotidiani) che
monoinsaturi (un po’ meno dell’ altra metà, in particolare nella forma
dell’olio d’oliva) completando il rimanente 10% circa con grassi polinsaturi,
comprendenti omega 6 in proporzioni di poco superiori agli omega 3 (facendo
attenzione a conteggiare l’omega 6 che, sotto forma di olio di girasole o con
la dizione generica di “oli vegetali” si trova in tanti prodotti preconfezionati).
Una raccomandazione essenziale è inoltre quella di
cercare di assumere i grassi nella forma cruda (la loro consistenza viene
alterata quando sono surriscaldati). Se ogni tanto si deve friggere è bene
usare il grasso di cocco o semmai di oliva, mentre gli oli polinsaturi
(girasole, mais) non vanno mai usati. Tra l’altro, uno dei motivi per cui i
grassi saturi vegetali sono da preferire a quelli animali è che è difficile
poter mangiare grassi animali (anche quelli di pesce) nella forma cruda; per i
latticini vale la pena di cercare delle fonti igienicamente affidabili che li
offrono in forma non pastorizzata e omogeneizzata.
Non è infine nemmeno il caso di citare, in questo
articolo dedicato ai grassi alimentari, le margarine e i grassi idrogenati-trans,
che non sono degli alimenti ma sono dei non-cibi, dei composti artificiali
chimici che hanno già fatto gravi danni a seguito di una pubblicità martellante
che nei decenni trascorsi ha indotto molti a ritenere questi grassi molto più
sani di quelli saturi. Mi risulta incomprensibile il fatto che dei prodotti
chimici-industriali ottenuti riscaldando dei grassi insaturi a temperature di
oltre 200° con un catalizzatore a base di nickel o altro, siano per decenni
stati ritenuti più sani rispetto a un grasso che costituisce la metà dei grassi
contenuti nel latte materno.
Andreas Jopp, Ulrich Strunz
Grassi Buoni, Grassi Cattivi >> http://goo.gl/IMds54
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