Perche' i vaccini non vengono sottoposti a studi clinici
randomizzati?
Scritto da: Tetyana Obukhanych
Critica al sistema sanitario
Perché i vaccini non vengono sottoposti a studi clinici
randomizzati?
Nell’ambiente dell’elaborazione dei vaccini si sostiene,
con l’avallo della teoria immunologica, che non appena un miscuglio di materia
biologica ha acquisito il nome di vaccino in virtù della sua capacità di
indurre la produzione di anticorpi, anche la sua efficacia nella prevenzione
della malattia sia automaticamente scontata, senza alcun ulteriore sforzo per
dimostrare la veridicità dei fatti.
Allo scopo di dimostrare l’azione immunizzante dei
vaccini nella prevenzione delle malattie, alla metà dei partecipanti di uno
studio clinico, scelti in modo casuale, andrà somministrato un placebo del
vaccino “in cieco”, ossia senza che i soggetti e il medico sappiano che cosa
sia la sostanza che verrà assunta. Questa pratica è ritenuta contraria
all’etica perché in teoria si permette scientemente che il gruppo di controllo
che assume il placebo contragga la malattia nel corso della sperimentazione. La
moderna etica della medicina convenzionale non può permettere una situazione di
questo tipo, perciò l’efficacia dei vaccini nella prevenzione delle malattie è
raramente oggetto di studio diretto. Piuttosto, le conclusioni si desumono
dall’efficacia dimostrata dal vaccino nell’indurre la produzione degli
anticorpi e dall’interpretazione delle statistiche sull’occorrenza della
malattia dopo l’introduzione della vaccinazione nella popolazione generale. Se
l’incidenza della malattia continua a diminuire dopo l’introduzione del
vaccino, il merito viene attribuito al vaccino stesso. Se invece l’incidenza
aumenta (vedi l’esempio della pertosse nel Capitolo 11), beh... allora la
conclusione è che il vaccino non è stato somministrato con sufficiente
frequenza, e questo impone l’aggiunta di un’altra iniezione di richiamo nel
programma di vaccinazioni.
È contrario all’etica e politicamente inaccettabile
chiedere che l’efficacia di un vaccino nel prevenire una malattia venga
stabilita da uno studio clinico controllato randomizzato, ma potremmo
domandarci: è etico approvare una procedura biologicamente invasiva e
clinicamente rischiosa come una vaccinazione, senza una prova diretta della sua
efficacia ai fini della prevenzione?
È etico imporre a un neonato sano, in assenza di ogni
incombente minaccia di malattie mortali, il rischio di una reazione avversa al
vaccino, senza garantire nemmeno un’effettiva protezione futura? È etico far
morire una persona regolarmente vaccinata per effetto di una malattia per la
quale il vaccino era stato studiato, senza però verificarne la capacità di
prevenzione?
Forse non siamo consapevoli che le nostre certezze
rispetto agli effetti protettivi dei vaccini si basano in buona parte su
motivazioni prive di solido fondamento scientifico. Ci sono motivazioni
teoriche per imporre i vaccini? Nel prossimo capitolo andremo a fondo di questo
interrogativo.
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Tetyana Obukhanych