Intestino e autismo: quale relazione?
Scritto da: Sabina Bietolini
Medicina Non Convenzionale
Intestino e autismo: quale relazione?
Le infezioni perinatali, la precoce esposizione agli
antibiotici (anche attraverso carni e latte vaccino da allevamenti intensivi) e
l’ospedalizzazione, in quanto in grado di alterare il microbiota intestinale
sin dai primi giorni di vita, sono considerati fattori di rischio per la
sindrome da spettro autistico (ASD).
Nei bambini autistici è stata dimostrata un’alterazione
della permeabilità intestinale e quindi, non a caso, molti dei bambini
autistici soffrono di problemi gastro-intestinali, tra i quali gonfiori e
stitichezza. Se la mucosa intestinale viene cronicamente compromessa o
danneggiata ne risulterà una maggiore permeabilità della mucosa stessa. Di
conseguenza qualsiasi tipo di sostanza antigenica potrebbe attraversare
liberamente la barriera intestinale, avviando reazioni immunitarie e
permettendo l'assorbimento sistemico di sostanze che potrebbero influenzare
negativamente le funzioni organiche e cerebrali.
La relazione tra microbiota e malattie neurologiche,
come, ad esempio, autismo o sclerosi multipla, era, fino a pochi anni fa,
pressoché sconosciuta e attualmente sta ricevendo sempre maggiori attenzioni al
fine di individuare strategie preventive adeguate e precoci.
Si parla infatti di asse gut-brain (intestino-cervello)
che ha un ruolo determinante per la salute dell’individuo, e, nel caso
specifico di bambini affetti da ASD, le disfunzioni del tratto
gastrointestinale sono state associate a maggiori livelli di irritabilità,
comportamenti aggressivi e disturbi del sonno. Studi recenti suggeriscono che
percorsi neuroimmunologici possano contribuire alla sintomatologia ASD
attraverso l’asse gut-brain. L’approccio integrativo con probiotici è risultato
positivo, migliorando la sintomatologia e riducendo l’infiammazione della
mucosa intestinale. Tuttavia, risalire alle origini delle anomalie
gastrointestinali risulta più opportuno, valutando, ovviamente, anche il ruolo
della dieta.
A tale scopo, è di grande rilevanza osservare che alcuni
alimenti, digeriti, danno luogo alla formazione di sostanze, derivate dal cibo,
e definite peptidi oppioidi oppure esorfine.
Tale termine viene utilizzato per quelle sostanze ad
attività morfino-simile che agiscono legandosi ai recettori degli oppioidi
presenti sulle cellule nervose. Si formano a partire da glutine, caseina e
altre sostanze; esercitano effetti sull’epitelio intestinale, ma possono anche
entrare nel circolo sistemico e attraversare la barriera emato-encefalica,
interferendo con la funzione cerebrale, con i processi cognitivi,
comportamentali e con il sonno. Riescono quindi a esercitare la loro influenza
sulle funzioni nervose, digestive e sul sistema immunitario tramite i recettori
oppioidi. Questi peptidi svolgono un ruolo cruciale nella risposta al dolore e
allo stress, ma alcuni di essi, derivati dall’alimentazione, possono
accumularsi e inibire, nei giovani soggetti, la normale maturazione del sistema
nervoso centrale, determinandone una progressiva disfunzione e contribuendo
allo sviluppo di neuropatologie.
Tra gli alimenti il latte bovino, costantemente presente
nella dieta umana, in precedenza per necessità, data la scarsa disponibilità di
alimenti, ma dal dopoguerra eletto ad alimento indispensabile (seppure non lo
sia affatto), ha un ruolo determinante nella produzione di esorfine. Le
proteine del latte contengono quattro tipi di caseine: α1, α2, β e κ-caseina.
Esse sono fonti di peptidi con bioattività. Uno di questi peptidi è la
beta-casomorfina (BCM) che appartiene a un gruppo di peptidi con le suddette
proprietà oppioidi, rilasciata durante la digestione gastrointestinale, o con
processi industriali, della beta-caseina.
Poiché la BCM interagisce con i recettori oppioidi
endogeni e con quelli della serotonina, che sono i modulatori della
sinaptogenesi, viene suggerito che l'esposizione prolungata a livelli elevati
di BCM bovina possa compromettere precocemente lo sviluppo del bambino, ponendo
le basi per i disturbi autistici.
Veniamo al grano e al ben noto glutine, proteina
originata dall’unione di gliadina e glutenina. È stato riscontrato, nei
soggetti autistici, l'aumento della risposta anticorpale anti-gliadina e la sua
associazione con sintomi gastro-intestinali. Ciò sta ad indicare un meccanismo
che coinvolge il potenziale immunologico con associate anomalie della
permeabilità intestinale e, degno di nota, tale reattività degli anticorpi alla
gliadina non sembra correlata alla malattia celiaca, rientrando invece in una
entità separata: la sensibilità al glutine non celiaca.
Una riduzione della capacità antiossidante indotta dai
peptidi oppioidi derivati dal latte bovino e dal grano, con conseguente stress
ossidativo sistemico causato da bassi livelli di glutatione, può predisporre
gli individui sensibili a fenomeni infiammatori e ad ossidazione sistemica,
dando un razionale significato ai benefici di una dieta senza glutine e senza
caseina bovina riscontrata in pazienti con ASD.
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