Carlo Rubbia, il CERN e l'intuizione del creato
Lo scienziato friulano, premio Nobel per la Fisica, come
Galileo: attraverso la scienza sulle tracce di “Dio”
di Emanuele Cangini - 10/09/2015
Carlo Rubbia, il CERN e l'intuizione del creato
Nel panorama degli scienziati più insigni a livello
internazionale occupa, certamente, un posto nelle prime file il “nostro” Carlo
Rubbia (Gorizia, 31 marzo 1934), Premio Nobel per la fisica nel 1984 e senatore
della Repubblica dal 2013.
Laureatosi precocemente nel 1957 (a soli 23 anni) presso
l’Università di Pisa, dal 1960 ha svolto le proprie ricerche presso il CERN di
Ginevra, il laboratorio ormai a tutti noto per la scoperta del Bosone di Higgs,
divenendone poi Direttore dal 1989 al 1994, effettuando esperimenti
sull’interazione debole per mezzo del protosincrotone (acceleratore
particellare nel quale il campo magnetico indispensabile all’incurvamento delle
particelle e il campo elettrico variabile risultano in sincronia con il fascio
particellare stesso), e del sincrociclotrone (acceleratore particellare,
evoluzione del precedente ciclotrone, che utilizza un campo elettrico come
veicolo accelerante delle particelle).
Carlo Rubbia e le sue ricerche al CERN
Nel 1983, al fine di valutare la correttezza della teoria
elettrodebole coniata da Salam e Weinberg (fisico pachistano, il primo,
statunitense il secondo), progetta una modifica tecnica da apportare al Super
Proton Synchroton (SPS), un gigantesco collisore di particelle e antiparticelle
della circonferenza di quasi 7 km.
Modifica che permetterà a Rubbia e alla squadra da lui
coordinata (cento fisici) di determinare e scoprire le particelle
caratterizzanti l’interazione debole, i bosoni vettoriali W+, W-, Z; in tal
modo darà conferma al tentativo concettuale di unione tra la forza
elettromagnetica e l’interazione debole, creando l’innovativo modello della
forza elettrodebole.
Dall’anno 2005 collabora attivamente con lo spagnolo
Centro di ricerca sull’energia, l’ambiente e la tecnologia (CIEMAT), nella veste
di consigliere speciale, corroborando attivamente lo sviluppo del Solare
termodinamico (sistema di produzione energetica alternativa che sfrutta
l’irradiamento solare, tramite centrali a concentrazione, per produrre energia
elettrica).
La sua sensibilità alle tematiche delle energie pulite è
raffinata a tal punto da spingerlo, dopo il Nobel, a creare il progetto
Reattore nucleare a fissione sicuro, conosciuto ai più forse come Amplificatore
di Energia o come Rubbiatron (ancora allo stadio di progetto).
“Il dilemma nucleare”: il tema dell’energia pulita
Nel 1987 pubblica la sua famosa opera Il dilemma nucleare
(Sperling & Kupfer), nella quale dibatte il tema dell’energia sulla scia
della sciagura di Chernobyl, tentando di fornire nuovi approcci e nuove
riflessioni non tanto sul potere derivante dalla manipolazione dell’atomo,
chiaramente già evinto, quanto sulla responsabilità del saperne preservare e
gestire le conseguenze. Allo stesso tempo dimostra, inequivocabilmente, con
rassegnata lucidità, l’incapacità delle fonti solari, al pari delle
corrispettive fonti “verdi”, di soddisfare la crescente richiesta energetica
dell’intero Pianeta.
Ne deriva una speculazione di carattere
antroposociologico che percorre come trama sottile tutta l’opera, pervadendone
l’anima come frusta sferzante, volta a sensibilizzare l’umanità verso un
utilizzo più consapevole e meno dispersivo di un pacchetto di risorse
esauribile. Una nota positiva ne traccia le righe conclusive: l’energia del
futuro, auspica Rubbia, forse deriverà proprio da quella singolare reazione
atomica, la fusione, che anima il cuore del Sole come il cuore delle stelle
tutte.
Rubbia come Galileo alla ricerca di un “creatore” del
“creato”
«Più guardi dentro alla scienza, più capisci che non ha a
che fare con il caso», frase efficace, forte, pregna di significati: per certi
aspetti, forse, sinossi perfetta della sua opera La tentazione del credere
(Rizzoli, 1987). Lo scienziato raccoglie nelle proprie indagini quelle “prove”
o, forse meglio, quegli indizi tanto cari ai “disperati fiduciosi” del
trascendente, vedendo nella struttura del creato e nelle leggi che lo
governano, chiari indizi di una mente soggiacente, una energia imperscrutabile,
abile architetto di un creato nato non dal presuntuoso scoppio di una egoistica
casualità dell’uomo, ma da una misteriosa e certo organizzata volontà
attivatrice.
In questo Rubbia è certo come Galileo: «Vedo le tracce
del divino attraverso le leggi della Natura», esclamò fiero e rassegnato il
fisico pisano, al tribunale della santa Inquisizione che lo costrinse ad
abiurare.
Come Galileo, Rubbia vede e sente l’immanenza nel creato,
come Galileo, è consapevole che è dono prezioso di pochi ricercare il divino
attraverso gli strumenti del razionale e non, come molti, attraverso i limiti
dell’apologia dell’irrazionale.
Come Galileo: un Dio cercato e forse intravisto
attraverso la fessura di una particella e non immaginato attraverso il portone
di un falso dogmatismo.
Leon M. Lederman, Christopher T. Hill
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