Prigogine, Aïvanhov e “il pianista sull’Oceano”
Il Nobel per la Chimica, Ilya Prigogine, dà il via a un
innovativo dibattito accademico sull’entropia dei sistemi complessi
di Emanuele Cangini - 25/08/2015
Prigogine, Aïvanhov e “il pianista sull’Oceano”
Omraam Mikhaël Aïvanhov, celebre maestro spirituale di
origine macedone e fondatore della Fratellanza Bianca, sosteneva quanto l’uomo
potesse essere schematizzato alla stregua di un semplice triangolo: equilatero,
nel migliore dei casi, ma più spesso isoscele. Disarmonia tra lati che
rappresentavano mente, anima e spirito (funzioni intellettive, spirituali ed
emozionali) e che racchiudevano in sole quattro opzioni tutte le tipologie
umane descrivibili (il triangolo equilatero, rarissima combinazione
appartenente solo ai saggi illuminati, vedeva il perfetto equilibrio dinamico
tra le suddette funzioni).
Ilya Prigogine e l’irreversibilità dell’Universo
Efficace descrizione geometrica quella del triangolo,
riscontrabile anche nell’indagine del famoso chimico e fisico russo Ilya Prigogine
(1917-2003), Nobel per la Chimica nel 1977, la cui ricerca si dipanò oscillando
tra tre cardini: sistemi complessi, strutture dissipative e irreversibilità.
Concetto, l’ultimo, che possiede forti e congrui legami con la materia della
Termodinamica e la coordinata dell’entropia (sempre a sua volta strettamente
connessa alla Termodinamica). Nella sua profonda riflessione si determina
subito un contrasto insanabile con la fisica classica che vede, da una parte,
la reversibilità e il determinismo come sterili costrutti di sabbia ormai
futili appigli di una fisica in affanno e, dall’altra, l’irreversibilità e
l’indeterminazione come princìpi regolatori del divenire fenomenologico.
Secondo Prigogine la Natura tutta è sottoposta a una continua prassi entropica,
intesa questa come costante aumento del disordine dei sistemi osservati con
conseguente impossibilità di ripristino delle condizioni parametriche di
partenza (non dimentichiamo che persino in Termodinamica le trasformazioni
termodinamiche e le conseguenti formule matematiche descriventi, fanno
riferimento a ipotetiche condizioni di reversibilità, nelle quali, appunto, il
processo può essere anche inteso come percorso “al contrario” potendo
ripristinare in toto le condizioni vigenti all’esordio del processo
trasformativo, senza impatto, quindi modifiche tangibili, sull’universo
esterno); divergenza di vedute perfettamente sintetizzata nella sua opera La
nuova alleanza: uomo e natura in una scienza unificata (1979). Anche il tempo
stesso era sottoposto alla medesima legge dell’irreversibilità: nel saggio
scritto nel 1989 assieme a Isabelle Stengers, Tra il tempo e l’eternità,
Prigogine mette a nudo proprio tale aspetto: la trasformazione del paradigma
concettuale del tempo reversibile a quello di tempo irreversibile. Da sempre la
fisica è stata lacerata nel profondo dall’opposizione tra una impegnativa idea
di eternità e un più comune e tangibile senso del tempo. L’intento dei due
Autori è proprio quello di ristabilire una “conciliazione” tra le parti, non
tanto in virtù di prometeiche promesse di miraggi scientifici mai
raggiungibili, ma sulla più solida base di una visione forse meno poetica ma
certo più pragmatica, di una possibile coesistenza tra intelligibilità del non
compreso e il divenire dell’osservato e dell’osservabile.
Prigogine e il terzo periodo della fisica contemporanea
Va da sé che la titanica impresa non risulterà certo
priva di ostacoli. Quello che gli Autori definiscono il “terzo periodo della
fisica contemporanea” succede alle prime due fasi, nelle quali si susseguono
l’iniziale tappa dei grandi modelli descrittivi e la seguente fase della
descrizione dell’instabilità e della complessità delle particelle sub-atomiche.
Altra opera dal forte impatto esplicativo del pensiero di Prigogine è La fine
delle certezze. Il tempo, il caos e le leggi della natura, in cui l’Autore
mette in luce, con lucida autorità, la precarietà delle certezze della fisica
newtoniana e la loro illusorietà; le stesse altro non sono che volgari
semplificazioni perniciose di una realtà tutt’altro che perfetta ed
equilibrata. Anzi, quella stessa realtà viene ora vista e percepita come
caotica, fluttuante e molto più leopardianamente “matrigna” di quanto non fosse
fino a quel momento. Prigogine auspica nella sua coraggiosa esposizione un
augurabile conciliabolo tra le già vetuste branche della fisica classica e
quantistica; conciliabolo che non solo deve fonderle, ma produrre un ulteriore
salto evolutivo, un nuovo approccio investigativo che faccia cardine sui
concetti di strutture dissipative, instabilità dei sistemi complessi,
inderogabilità delle condizioni parametriche iniziali e modello distributivo
probabilistico.
Yulia Vikhman, questo era il nome della madre di
Prigogine: forse non tutti sanno quanto questa mamma fosse un abile pianista.
Mi piace pensare che abbia saputo trasmettere al figlio l’importanza e la
preziosità di quegli 88 tasti a colori, alternati bianchi e neri: proprio come
nel film Il pianista sull’oceano, nel quale uno smarrito Novecento (questo il nome
del protagonista) dichiara il suo timore di non poter suonare tutte le troppe
“combinazioni di tasti” che il buon Dio aveva distribuito in un mondo che aveva
potuto vedere solo dall’oblò di una nave.
Sono certo che Prigogine, come Novecento, abbia intuito
questa grandiosità ma che, forse, a differenza di lui, da quella barca abbia
saputo scendere.
Ilya Prigogine
Il Futuro è già Determinato? >> http://goo.gl/QvKYtC
Editore: Di Renzo Editore
Data pubblicazione: Gennaio 2003
Formato: Libro - Pag 83 - 14x21
Ultima ristampa: Dicembre 2007