Empatia: impariamo a coltivarla per vivere insieme in
armonia
L’empatia può essere considerata come un'importante porta
di accesso alla percezione della Rete della Vita della quale facciamo tutti
parte
di Bruno Fuoco - 22/05/2015
Empatia: impariamo a coltivarla per vivere insieme in armonia
Se la nostra natura, per davvero, è solamente
utilitarista ed egoista, siamo destinati, ha osservato Rifkin, “ad una sorte
non favorevole perché non sappiamo come sette miliardi di persone possano
andare d'accordo sul pianeta. Ma negli ultimi anni, alcuni grandi scienziati
dell'evoluzione hanno scoperto che questa non è la nostra vera natura e che
siamo codificati per essere empatici e collaborativi” (1).
Lo scienziato Rizzolatti sostiene che la “natura ha
creato un meccanismo per volerci bene, per capirci a un livello antico che
viene prima del linguaggio. Un meccanismo naturale che ci permette di
comunicare […]. La natura ha creato questo meccanismo ma sta alla cultura
renderlo più ricco o più povero. Se la cultura invita a ingannare il prossimo…
a fare quel che si vuole… a essere egoisti e individualisti, il meccanismo dei
neuroni specchio finisce con l’atrofizzarsi” (2). L’empatia, in effetti, è una
possibilità che va rafforzata e sostenuta negli ambienti familiari e
scolastici: “l’empatia può essere repressa: se non hai avuto dei bravi genitori
o un sistema scolastico adeguato, viene fuori la pulsione secondaria, il
materialismo, la violenza, mentre la nostra pulsione primaria è provare
empatia, collaborare” (3).
Ad esempio, l’empatia può essere considerata come una
importante porta di accesso alla percezione della Rete della Vita della quale
facciamo tutti parte. Quando entriamo in profonda empatia con qualcosa
cominciamo anche a prenderci cura di quella realtà che avvertiamo come
“nostra”. Se, ad esempio, entriamo in empatia con i fiumi ne abbiamo un
profondo rispetto perché li sentiamo parte di noi, perché ne avvertiamo la
vita, la purezza, ne avvertiamo la sacralità e, conseguentemente, avvertiamo il
bisogno spontaneo di non sporcarli. Se, ad esempio, entriamo in empatia con gli
animali non solo li rispettiamo ma non li mangiamo. Se entriamo in empatia con
il nostro organismo, sicuramente non fumiamo, cioè non avveleniamo le cellule
del nostro stesso organismo. Certamente, l’empatia non ha una intensità
uniforme, in quanto vi sono diversi gradi e dimensioni di stati empatici. La
scintilla empatica può scattare improvvisamente anche tramite un semplice
sguardo che genera un quid nella nostra coscienza.
Ma noi dovremmo anche sapere “andare oltre l’empatia
naturale per educarla all’etica, alla morale” (4). Infatti, la nostra coscienza
empatica, se è eticamente orientata, può essere la logica premessa per
migliorare i comportamenti civici e per prenderci cura della sostenibilità
della Vita (5).
L’attitudine all’empatia può rivestire un ruolo
indispensabile nella vita civica giacché può aiutarci a raggiungere una visione
più impersonale degli interessi in virtù della quale diventa fattibile una
convivenza fondata su basi etiche. Ciò si spiega con il fatto che il poter
assumere “la prospettiva dell’altro (mettersi nei panni di) o il poter provare
le emozioni dell’altro (sentire con) permette di eliminare le barriere e le
distanze create dal pregiudizio e dai processi di categorizzazione ostile. Ai processi
di "disumanizzazione" si risponde educando alla comune umanità” (6).
Apprendere a mettersi al posto degli altri è, in effetti,
veramente importante anche sul piano cognitivo: ”Se prendete questa abitudine,
in pochissimo tempo diverrete veramente perspicaci, intuitivi […] bisogna
dimenticarsi un po' di se stessi e pensare agli altri; è il mezzo migliore per
vedere e sentire l'essenziale” (7). L’attitudine empatica ci permette di
superare la prospettiva angusta del nostro interesse particolare. È agevole
riconoscere che se i soggetti decisori pubblici fossero empatici nel senso
indicato, agirebbero in una prospettiva costruttiva per il bene comune e
assumerebbero, con celerità, i provvedimenti necessari al benessere collettivo.
Afferma Aïvanhov: ”Troverete sempre persone pronte a sostenere che sia
impossibile sapere dove sta il bene e dove sta il male... Che ragionino un po',
e sapranno se stanno per agire bene o male. Vogliono, ad esempio, scavalcare
qualcuno o sminuirlo agli occhi degli altri? Oppure vogliono sedurlo per poi
respingerlo? Ebbene, si mettano nei suoi panni, cerchino di immaginare che cosa
proverebbero al suo posto, e scopriranno immediatamente che è doloroso,
ingiusto e disonesto” (8).
Anche Singer mette in evidenza la necessità di porre a
base dell’etica l’uguale considerazione degli interessi: ”La regola aurea ci
dice di andare oltre i nostri interessi personali, e di “fare agli altri ciò
che vorresti fosse fatto a te”. La stessa idea del mettersi al posto dell'altro
è contenuta nel comandamento cristiano “ama il prossimo tuo come te stesso”.
Gli stoici affermavano che l'etica deriva da una legge naturale universale.
Kant ha sviluppato questa teoria, fino ad arrivare alla celebre formula:
“Agisci soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che
divenga una legge universale” (9). Queste etiche convergono su un punto: “ la
giustificazione di un principio di etica non può essere espressa in termini di
un gruppo particolare o fazione...Questo significa che nel dare giudizi morali
dobbiamo superare i nostri gusti personali su ciò che ci piace o non ci piace.
L'etica ci chiede di andare oltre l’io e il tu, per giungere alla legge
universale, al giudizio universalizzabile, al punto di vista dello spettatore
imparziale” (10).
La via empatica rappresenta, dunque, un percorso
necessario per la nostra convivenza in quanto, accrescendo i legami psichici,
riduce aggressività e ostilità nella vita relazionale. L’empatia ci consente di
superare le nostre simpatie - antipatie e di acquisire una visione più
oggettiva dei comportamenti altrui. L’empatia, in altri termini, può aiutarci a
formulare processi valutativi più impersonali, a risolvere eventuali conflitti,
ma anche a prevenire i nostri comportamenti iniqui (11).
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(1) J. Rifkin, La civiltà dell'empatia. La corsa verso la
coscienza globale nel mondo in crisi, Mondadori, 2010, p. 170. Molti studiosi,
afferma Rifkin, “hanno erroneamente associato l'empatia solo a sentimenti ed
emozioni. Se questo fosse vero, la coscienza empatica sarebbe impossibile.
Stiamo cominciando a capire che uno scambio empatico richiede sia un impegno
intimo sia una certa misura di distacco. Se i nostri sentimenti tracimassero
completamente nei sentimenti dell'altro, o suoi sentimenti sopraffacessero la
nostra psiche, perderemmo il nostro senso di identità e la capacità di
immaginare l'altro come se fosse noi stessi. L'empatia è un atto di delicato
equilibrio. Si deve essere aperti all'esperienza della condizione dell'altro come
se fosse la propria, ma non lasciarsene travolgere” p. 161.
(2) G. Rizzolatti, Empatia e neuroni a specchio, Convegno
Aethanaeum, 15 febbraio 2013, Roma.
(3) J. Rifkin, op.cit., p. 161.
(4) M. C. Pallavicini, Convegno Aethanaeum cit. Ad
esempio, De Waal sostiene che “gli esseri umani sono empatici con i propri
compagni in contesti cooperativi, ma sono “antiempatici” con i potenziali
competitori, L’età dell’empatia, Garzanti, 2011, p.158. Critico sulla valenza
trasformatrice dell’empatia, se non è accompagnata dalla consapevolezza morale,
è Brooks: “Le persone empatiche sono più sensibili al punto di vista e alle
sofferenze degli altri e sono più inclini a esprimere giudizi morali
compassionevoli. Il problema insorge quando cerchiamo di trasformare i sentimenti
in azione. L'empatia rende maggiormente consapevoli delle sofferenze altrui, ma
non è chiaro se spinga effettivamente ad agire in modo morale o se trattenga
effettivamente dall'agire in modo immorale… L'empatia non sembra influire molto
quando quell'agire comporta un costo personale… Nessuno è contro l'empatia, ma
sta di fatto che non è sufficiente. Di questi tempi l'empatia è diventata una
scorciatoia…In una cultura che non riesce a formulare categorie morali e che
cerca in tutti i modi di non offendere, insegnare l'empatia è un modo sicuro
per sembrare virtuosi senza rischiare polemiche e senza urtare i sentimenti di
qualcuno”, D. Brooks, “Così l'empatia è stata trasformata in una scorciatoia”,
Repubblica 11 dicembre 2011.
(5) Cfr. Bruno E. G. Fuoco, Le nostre scelte nella Rete
della Vita, 2015; Corso on line di “Educazione alla Cittadinanza nella Rete
della Vita” www.nuoveattitudini.it
(6) M. Santerini, Educazione morale e neuroscienze. La
coscienza del’empatia, Editrice La scuola, 2011, p.195.
(7) O.M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani, 10 giugno 2001,
Prosveta. Come si può pensare che “gli esseri umani arrivino a comprendersi e
formare un'unità, se nella loro comprensione e nei loro atteggiamenti si
lasciano trasportare dagli istinti, dalle bramosie, dai loro interessi
particolari” Pensieri Quotidiani, 13 agosto 2002.
(8) O.M. Aïvanhov, Conférence "Sympathie et
antipathie", 2 septembre 1954, Prosveta. Dal fatto di non volersi porre
nelle situazioni altrui, “derivano tanti errori di giudizio, tante crudeltà e
ingiustizie. Nel momento in cui state per pronunciarvi su una persona, che cosa
sapete della situazione in cui essa si trova? [...] Allora, prima di criticarla
o di accusarla, almeno per qualche minuto, fate lo sforzo di mettervi nei suoi
panni… Vale la pena cercare di porsi nella situazione delle persone che vi sono
antipatiche e che siete sempre pronti a condannare. Anche solo pochi minuti
ogni giorno di questo esercizio, e acquisirete qualità di pazienza, di
indulgenza, di dolcezza e di generosità di cui beneficerete sia voi che
loro" Idem, Pensieri Quotidiani, 25 ottobre 2010, Prosveta. L’empatia ha
un ruolo importante anche per la costruzione della nostra identità come ebbe
modo, nei primi anni del Novecento, di sottolineare la Stein: la conoscenza
della persona estranea ci arricchisce “ai fini della nostra autoconoscenza,
essa porta a sviluppo, in quanto empatia di ‘nature affini’ ossia di persone
del nostro tipo, quel che in noi ‘sonnecchia’ e perciò ci rende chiaro, in
quanto empatie di strutture personali diversamente formate, quel che non siamo
e quel che siamo in più o in meno rispetto agli altri... In tal modo, con i
nuovi valori acquisiti per mezzo dell’empatia, lo sguardo si dischiude
simultaneamente sui valori sconosciuti della propria persona”, E. Stein, Il
problema dell’empatia, Studium Roma, 2003, pp. 227-228.
(9) P. Singer, Etica pratica, Liguori, 1989, pp. 22-23,
Idem, La vita come si dovrebbe, Il Saggiatore, 2001.
(10) Ibidem.
(11) Per ulteriori riflessioni sui vantaggi della prospettiva
empatica, rinviamo al Corso on line di Educazione alla Cittadinanza,
nuoveattitudini.it.
Paolo Albiero, Giada Matricardi
Che Cos'è l'Empatia >> http://goo.gl/1XHPnN
Editore: Carocci Editore
Data pubblicazione: Aprile 2006
Formato: Libro - Pag 128 - 13x20