Metodo scientifico e fenomeni paranormali
I fenomeni parapsicologici possono aiutare lo sviluppo
del metodo e dei modelli scientifici?
Il metodo scientifico non è l’unica via per ottenere la
conoscenza della realtà. Benché la stessa scienza parli di “modello”, che è una
rappresentazione con elementi arbitrari (cioè i numeri, le incognite e così
via), quindi un ponte tra le nostre capacità cognitive e la realtà… oggi si
tende a considerare queste teorie come “verità rivelate”. Ovviamente i
risultati della scienza, rispetto ad altre aree del sapere, hanno un maggior
impatto sulla vita degli esseri umani e sull’economia… e questo è un indubbio
vantaggio. Tuttavia, ciò ha favorito la scienza-tecnica a svantaggio della
scienza-pura. Anche nella scienza, infatti, la parte speculativa è molto
importante, perché la mente e l’immaginazione umana riescono ad arrivare là
dove i nostri sensi o i nostri strumenti non sono ancora giunti. Un esempio?
La “scoperta” di Plutone… ottenuta esclusivamente tramite
calcoli matematici e l’intuizione di un astronomo, l’unico ad essersi reso
conto che le orbite dei pianeti erano diverse da quelle previste dal modello
allora corrente. Ironia della sorte… quel pianeta “birichino” è stato
recentemente declassato. La scienza-tecnica, perciò, rischia di diventare una
nuova “Inquisizione”, sia perché una teoria deve essere accettata dalla
Comunità Scientifica, sia perché troppo spesso si basa sulla semplice verificazione/falsificazione…
In altri termini, se la scienza non dimostra l’esistenza di qualcosa… questo
“qualcosa” non esiste. Un approccio molto pericoloso per la conoscenza. Ignaz
Semmelweis, ostetrico austriaco e uno dei due padri della epidemiologia, fu
deriso dai suoi stessi colleghi e più volte licenziato, quando spiegò i
meccanismi e il modo per scongiurare la trasmissione della febbre puerperale
(seticemia).
Alla fine, per convincere tutti, dovette ferirsi con un
bisturi infetto… dimostrando così che la febbre delle puerpere si trasmette
anche agli uomini ed attraverso mani e strumenti non sterilizzati. I batteri
nello stomaco (H.Pylori) furono individuati circa centoventi anni fa ad opera
dell’italiano Bizzozero. Marshall e Warren li riscoprirono nel 1983,
comprendendone, tra l’altro, il nesso con l’ulcera e (talvolta) il tumore delle
pareti gastriche. Se Bizzozero fu semplicemente ridotto all’oblio, Marshall e
Warren furono “colpiti” dall’ignoranza della Comunità, la quale aveva provato e
riprovato l’efficienza dei succhi gastrici come difesa immunitaria e la loro
aggressività sulle pareti gastriche quando eccessiva. Così, Marshall, per
essere ascoltato, ingerì una coltura di Helicobacter Pylori.
Da notare che anche Richard Lewontin (un genetista-antropologo)
in Human Diversity (1981) avanzò una teoria analoga, poiché si era reso conto
che i portatori del gruppo sanguino 0 erano i più esposti ad ulcere mortali….
mentre i portatori dei gruppi A e B erano più protetti (azione immunitaria
degli antigeni). Dunque la scienza talvolta è cieca anche verso se stessa… o
per meglio dire… la scienza tende ad essere un po’ troppo sicura di sé. La
scienza, infatti, tende a dimenticare (o a non riconoscere) il contributo della
filosofia allo sviluppo e alla critica del metodo scientifico stesso,
preferendo, invece, autoreferenziarsi! E quando il sistema fallisce… non è per
un difetto intrinseco, ma per l’inesistenza o l’inconsistenza dell’oggetto di
studio. Dunque uno dei campi più interessanti per mettere alla prova
l’elasticità del metodo scientifico è indubbiamente lo studio dei fenomeni
paranormali.
Dalla psicologia alla parapsicologia: un buon inizio
Alcune capacità, pur essendo comuni ad ogni essere umano,
quando raggiungono livelli di eccellenza, potrebbero a pieno titolo essere
classificate come fenomeni paranormali. Tuttavia ciò non avviene… e, benché
venga usato l’appellativo di “particolarmente dotato”, si ritiene che aspetti
come l’intuizione o l’empatia siano normalissimi. All’occhio della scienza, però,
questi aspetti “normalissimi” sono sfuggenti… al punto che solo l’alta
diffusione e una certa accettazione sociale ne impediscono l’attribuzione alla
sfera del parapsicologico. Già… ma è sufficiente trovarsi in situazioni limite,
per notare come la capacità intuitiva possa essere fonte di guai: immaginate di
aver intuito quale arma è stata usata, il movente e l’identità dell’assassino…
non in un giallo, ma in un misterioso delitto avvenuto a pochi passi da casa
vostra. Dopo averne parlato con le autorità… e dopo che queste avranno
verificato l’esattezza delle vostre intuizioni… vi troverete in un mare di
guai. Ebbene… quei veggenti, che in alcuni stati coadiuvano la polizia nelle
indagini, non potrebbero essere persone assai dotate di intuizione, costrette a
nascondersi dietro il paranormale per non trasformarsi da collaboratori ad
indiziati?
Se l’intuizione, talvolta, è foriera di guai, l’“empatia”
è sinonimo di sensibilità. La “normale” empatia (d’ora in avanti N-empatia) è
la parte fondamentale nella comunicazione diadica tra madre e neonato. Inoltre,
se i genitori sono nervosi… benché sorretti da una buona maschera sociale… il
bambino assorbirà comunque le loro tensioni. E’ un fatto scientificamente
provato e facilmente sperimentabile da chiunque. Questo modo di comunicare è
“non verbale”, cioè un “linguaggio del corpo”. Quindi sono i particolari
difficilmente controllabili dalla coscienza (il rossore delle orecchie, la
rigidità dei muscoli facciali, ecc..) a tradire il reale stato d’animo.
Tuttavia, anche se voltiamo le spalle ad una persona riusciamo, di solito, a
percepirne lo stato d’animo “alterato”. Anche questo ha una spiegazione
sensoriale: il suono del nostro respiro, l’odore emesso, i fruscii dei
movimenti… tutti questi indizi vengono colti dal nostro subconscio e tradotti
in sensazioni.
Talvolta ci si rende conto, appena entrati in un ufficio,
che il capo ha rimproverato qualcuno (o tutti). Tale sensazione viene spesso
descritta come “una brutta aria” o “elettricità nell’aria”. Ebbene, questo è un
“insieme di cose” più impalpabile… ma comune… al limite dello spiegabile… e
forse al limite del “normale”. Spesso sentiamo storie riguardo a situazioni
piuttosto particolari: l’abilità dei boscimani nel “sentire” la preda anche a
chilometri di distanza; genitori che si svegliano nel cuore della notte
sentendo che il/la figlio/a ha appena avuto un incidente o che sta soffrendo e
così via…. In questo caso abbiamo due grandi famiglie di eventi: quelli in cui
il sentente ha possibilità immediata di raggiungere o di contattare il soggetto
della percezione e quelli in cui si ricorda (a posteriori) di aver provato una
sensazione di disagio proprio nel momento in cui accadeva “il fatto”.
I primi possono essere frutto dell’intuizione (insight).
Molti elementi fondamentali per giungere ad essa possono essere stati colti a
livello inconscio (infatti, solo una minima parte del flusso di informazioni
viene trattato a livello cosciente). Quando si giunge all’intuizione (cioè il
frutto di un ragionamento inconscio), essa emerge alla nostra coscienza in
forma “emotiva” proprio per attirare la nostra attenzione. La possibilità di
contattare o raggiungere “immediatamente” (si fa per dire, poiché passa sempre
un certo lasso di tempo) il soggetto della percezione, può costruire il
fenomeno, ovviamente se il fatto è già avvenuto. Se il fatto deve ancora
accadere (e poi accadrà), l’ingenuo “esper” verrà etichettato come
iettatore.Inoltre difficilmente ci si accerta dell’ora per controllare se
evento e sensazione coincidono!
La seconda famiglia di eventi E-empatici sono
ricostruzioni psicologiche a posteriori. Talvolta la memoria è vittima di
stranezze, in quanto frutto di una “ricostruzione”.Daniel C. Dennet in
Coscienza [Consciousness Explained, 1991] descrive efficacemente questa
tipologia di “errore indotto”: “Supponiamo che te ne stai in disparte e una
donna con i capelli lunghi ti passa velocemente di fronte. Circa un secondo
dopo, una memoria sotterranea di qualche donna precedente — una donna con i
capelli corti e con gli occhiali — contamina la memoria di ciò che hai appena
visto; quando un minuto più tardi ti chiedono di descrivere la donna che hai
appena visto, tu affermi, sinceramente, che aveva gli occhiali.” La memoria,
infatti, non è un “filmino” di una esperienza trascorsa, ma la sua
“drammatizzazione” nel teatro cartesiano della nostra coscienza. Perciò, quando
l’evento è stressante o traumatico, la nostra mente potrebbe giocarci dei tiri
mancini.
Analisi ed errori del metodo scientifico
Comunque almeno una parte dei fenomeni paranormali
potrebbero essere autentici… riconducibili (come vedremo) ad un elemento
comune. Meno attendibili sono, invece, gli esper conclamati. Spesso sono abili
prestigiatori o creatori di storie… cioè di elementi atti a colpire l’attenzione
e l’interesse del pubblico. Un’ulteriore differenza è che spesso gli esper
conclamati amano mostrare la forza della mente in modo tangibile… cioè
modificando la realtà fisica… mentre i fenomeni paranormali accaduti a gente
comune sono quasi esclusivamente relegati nella sfera del mentale, hanno
portata ridotta e sono estremamente episodici (conseguentemente non sono frutto
di un atto deliberato).
Quindi il campo di ricerca deve preferire l’analisi di
fenomeni puramente mentali e “i fatti strani della gente comune” rispetto a
quelli fisici (psicocinesi, levitazione, bilocazione, etc..) dei “grandi
esper”, perché oltre ad essere troppo evidenti al punto da diventare uno
spettacolo, sono troppo rari nella loro forma quotidiana. Anzi… chi ha vissuto
esperienze paranormali tende a considerarle qualcosa di cui vergognarsi ,
infatti è possibile riscontrare le classiche tre fasi:
esperienza(trauma)-negazione-razionalizzazione. La razionalizzazione, al di là
del nome rassicurante, è una manifestazione psicologica negativa, poiché è un
espediente per negare a sé stessi la realtà , dietro al paravento di
spiegazioni solo apparentemente logiche… ma comunque più socialmente
accettabili del fatto in sé.
Quindi il primo errore del metodo scientifico è
l’autoselezione. I soggetti disposti a collaborare agli esperimenti non sono
spaventati… non temono di venir considerati diversi, pazzi o altro… anzi sono
entusiasti all’idea di essere ascoltati e creduti… e quindi sono poco
attendibili (probabili mitomani o egocentrici). Conseguentemente, gli studiosi
costruiscono test tendenti alla falsificazione, in quanto, dopo anni di studio,
si è consolidata la convinzione dell’assoluta inconsistenza dei sedicenti
esper… e la tentazione di smascherare i cialtroni è molto forte in chiunque
faccia della conoscenza la propria ragione di vita. Purtroppo, le trappole per
i cialtroni si basano sulla previsione, cioè sul superamento di una prova…
quindi su un risultato noto… che è un presupposto implicante la conoscenza di
una determinata abilità extrasensoriale. In sintesi, non c’è più ricerca.
Se consideriamo tali prove come strumenti di conoscenza,
dal punto di vista metodologico, ci troviamo di fronte a un nutrito elenco di
errori. Non è detto, infatti, che una facoltà sia così sviluppata da fornire
sempre risultati importanti… oppure da essere sufficiente a sé stessa. Uno
splendido esempio per comprendere questo punto è la cecità. Ciechi assoluti e
ciechi ombre-e-luci si muovono grazie al bastone bianco, una buona memoria e
suppliscono, talvolta egregiamente, la mancanza della vista con udito e tatto.
Anche i ciechi ombre-e-luci, infatti, non hanno sufficiente vista per svolgere
i compiti assegnati esclusivamente tramite essa… anzi, spesso quelle forme
vaghe impresse sulla retina sono più uno svantaggio che altro. Tuttavia,
frequentando il mondo dei non-vedenti, è subito chiaro che questi ultimi hanno
una marcia in più… infatti usano quel poco di senso visivo rimasto come un
extra da aggiungere alle conferme ottenute dagli altri sensi.
Ricapitolando… i ciechi ombre-e-luci sono assimilabili ai
ciechi assoluti relativamente alla performance visiva… ma considerando
l’integrazione con la totalità dei sensi… per una società di non-vedenti essi
sarebbero assimilabili ai vedenti. Un secondo caso riguarda coloro che sono
diventati ciechi assoluti in seguito a violente crisi epilettiche o a episodi
ischemici. Tali individui affermano di “vedere qualcosa” sporadicamente… la
vaga impressione di un volto o di un oggetto che si trova di fronte a loro. E’
una evento (assai) raro nel singolo, ma piuttosto comune in tale categoria di
non-vedenti. Ovviamente potrebbero essere allucinazioni (chi è nato vedente,
infatti, continua a sognare normalmente per immagini)… cioè una versione visiva
della sindrome dell’arto fantasma.
Tuttavia a sostegno di questi rari momenti di visione c’è
una certa plausibilità biologica, poiché il segnale (gli occhi e i nervi ottici
di questi soggetti, infatti, sono perfettamente funzionanti) potrebbe
raggiungere le aree preposte all’elaborazione delle immagini attraverso
percorsi alternativi…. cioè in linea con i principi su cui si basa la
riabilitazione dalle paralisi. Quindi… un ricercatore potrebbe credere alla
possibilità di “percorsi alternativi” della visione in virtù della plausibilità
biologica, ma poiché essi sono fatti assai sporadici ed imprevedibili, non
potrà mai averne una prova tangibile. Questo accade anche di fronte a
percezioni extrasensoriali autentiche… dove la sporadicità e l’imprevedibilità
potrebbero essere elementi determinanti… ma con lo svantaggio di non aver una
plausibilità biologica a sostegno di essa.
Studio dei fenomeni paranormali in filosofia
Non mancano teorie ed abbagli anche in Filosofia.
L’Ottocento industriale, scientifico e tecnologico, paradossalmente, è stato
anche il secolo dello Spiritismo. A tal proposito, uno studio degno di essere
menzionato è quello di Arthur Schopenhauer: il Saggio sulla visione degli
Spiriti [Versuch über das Geistersehen und was damuit zusammenhänght],
contenuto nei Parerga e Paralipomena (1845-1851). Il limite di questa ricerca
non è il metodo o il ragionamento, che in Schopenhauer sono sempre di altissimo
livello, quanto piuttosto il ritenere le fonti troppo attendibili. Il filosofo,
all’epoca, non aveva ancora tutte quelle cognizioni sui fenomeni psicologici e
di massa che gli sarebbero state utili per discriminare il materiale su cui
ragionare. Ad oggi, il Saggio sugli Spiriti è ancora un buon esempio per
chiunque voglia imparare sia dai pregi… sia dai difetti della ricerca logica
sui fenomeni paranormali.
Lo studio di Kant [Sogni di un Visionario], invece, non è
altro che l’estensione del principio di limitatezza della nostra ragione già
espresso dall’autore in altre più note opere, che sono comunque da preferire per
chiunque volesse cimentarsi filosoficamente nello studio del paranormale. Anche
la Filosofia, quindi, non è ancora stata in grado di affrontare efficacemente
lo studio di tali fenomeni, poiché (esattamente come per la scienza) essa
voleva bastare a sé stessa.
Analisi dei fenomeni parapsicologici
Telepatia ed Empatia sono sicuramente le due tipologie
più interessanti e le esperienze extrasensoriali più diffuse tra la gente
comune… e quindi un buon punto di partenza per una nuova analisi. Occorre
precisare subito che sono differenti: la telepatia trasmette e riceve pensieri,
a quanto pare, sulla falsa riga di frasi, mentre la seconda riceve soltanto le
sensazioni (sentimenti). Nelle forme “ingenue” non sono quasi mai separate.
Senza preoccuparci troppo di conoscere il mezzo di trasmissione, l’empatia ci
fornisce l’anello mancante tra mondo paranormale e normale. Preveggenza e
Precognizione sono propense al futuro. La preveggenza è una vera e propria
visione, mentre la precognizione è “sapere” ciò che sta per accadere o che
accadrà in futuro come se “già si sapesse”… quasi fosse stato letto da qualche
parte il libro del destino… una specie di intuizione.
La precognizione è paradossalmente più sfumata (quasi
fuzzy) ma di solito è precisa nelle conseguenze, mentre la preveggenza è più
precisa rispetto all’evento in sé, in quanto composta da quelle immagini che
saranno viste con i propri occhi… tuttavia la necessita di interpretare
l’esperienza (il flusso sensoriale che giunge alla coscienza è sempre frutto di
una interpretazione/riconoscimento) introduce un elemento di errore. A
differenza del “già vissuto” (dejavù), che è un errore percettivo, esiste una
differenza nel rapporto tra esperienza extrasensoriale e avvenimento: il nostro
veggente sa (o vede) anche “già” cosa accadrà (più o meno) nello stesso momento
in cui ha la precognizione/preveggenza… e non ha la sensazione che qualcosa sia
già accaduto o sia stato visto in una precedente visione (o sogno).
L’affidabilità della preveggenza, inoltre, dipende da quanto
una mente è allenata. Dare un’interpretazione a conoscenze estese ma
paradossalmente parziali e gestire un flusso rapido o compresso di immagini e
sensazioni richiede una mente ben disciplinata che sappia smontare e
ricostruire i vari indizi con rigore poliziesco e abilità mnemonica. Infine c’é
una netta separazione tra telepatie/preveggenze e allucinazioni causate da
patologie psicotiche, disturbi oculari o da epilessie focalizzate in alcune
aree celebrali. Per questa ragione sono stati esclusi dall’articolo i fenomeni
medianici (visione degli spiriti), che nella maggior parte dei casi sono “fini
a sé stessi”, nonché sono i più utilizzati dai ciarlatani.
La telepatia/empatia e la preveggenza/precognizione,
invece, hanno un riscontro… pratico, cioè la realtà “restituisce il calcio”
dato ad essa, il che è un elemento mancante nelle allucinazioni. Inoltre il
paranoico che è convinto di aver “letto nel pensiero” una dose di ostilità da
parte di qualcuno… agirà coerentemente in modo paranoico, un autentico esper,
invece, userà prudenza, esattamente come un qualunque essere umano capace di
smontare la maschera sociale del suo interlocutore con l’esperienza maturata
nelle relazioni interpersonali. La scienza studia questi fenomeni
separatamente. Tuttavia, applicando il Rasoio di Ockham, esse si rivelano come
manifestazioni di un quid comune.
Preveggenza e Premonizione, infatti, possono essere
ridotte alla Telepatia-Empatia… le quali, invece di viaggiare nello spazio,
viaggiano nel tempo. Per avere una conoscenza estesa o per riuscire a vedere e
talvolta anche udire un esperienza futura, si presuppone una compatibilità
eccezionale tra i processi mentali del trasmettente e del ricevente… quindi,
tenuto conto dei limiti di una ipotesi, si può affermare che essa è un contatto
telepatico con la propria mente nel futuro. Un ulteriore elemento che farebbe
propendere per una telepatia che esautora la dimensione temporale è la natura
(per così dire) “compressa” [in un blocco unitario] delle immagini della
preveggenza.
La precognizione, invece, è la stessa cosa ma di portata
ridotta, quasi alla sola telepatia o, più spesso, alla semplice E-empatia.
Questo elemento, almeno a livello ipotetico, potrebbe estendere la connessione
anche ad altre persone, essendo necessario un livello minore di compatibilità.
E’ la versione rispetto al tempo dell’impressione “N-empatica” che si può
provare entrando in una stanza piena di persone… e capire che “tira una brutta
aria”. Telepatia e E-empatia, a loro volta, sono lo stesso fenomeno concentrato
su aree del cervello differenti (diciamo così… anche se sarebbe più corretto
dire “facoltà”). Il pensiero nella maggior parte degli esseri umani viene
“elaborato” in maniera linguistica, giacché il linguaggio fornisce un utile
elemento per gestire informazioni astratte e ha una logica più strutturata di
quella “analogica” delle immagini (cioè, simile a quella del sogno).
Come suggerito da Hilary Putnam [Mind, Language and
Reality – in Philosophical Papers Vol 2, 1975] l’uomo primitivo prima parlava a
sé stesso a voce alta per pianificare o risolvere un problema come se fosse in
presenza dei compagni (che si presentavano, di fatto, come una mente condivisa)…poi
ha imparato a interiorizzare questo dialogo… e da ciò è nato il pensiero come
lo conosciamo noi. In effetti, anche l’uomo moderno tuttora “pensa a voce alta”
o “borbotta”. Come sappiamo, i meccanismi della formazione delle frasi sono
inconsci! Coscientemente scegliamo il tema e il contenuto… meno coscientemente
le parole… da qui la possibilità dei famosi lapsus freudiani. Quindi la
telepatia potrebbe manifestarsi “linguaggio” perché sfrutta gli stessi
meccanismi di concretizzazione del pensiero usati dalla nostra mente.
Tuttavia ciò non esclude la possibilità che un flusso
telepatico “simil-linguistico” possa far emergere alla coscienza anche immagini
di luoghi o persone, anche se, a livello teorico, essi dovrebbero essere
conosciuti o assimilabili a volti o panorami già visti. In effetti, sarebbe
interessante scoprire se, in esperimenti casuali, si verifichino le stesse
risposte ottenibili tramite i messaggi subliminali… i quali, nella maggior
parte dei casi, suscitano in colui che recepisce il messaggio l’emergere di un
sinonimo della parola (o dell’immagine) nascosta. La E-empatia, invece, è,
probabilmente, una versione più rudimentale di telepatia… cioè concentrata
sulle funzioni del sistema limbico. Da notare come entrambe lavorino esclusivamente
su meccanismi inconsci.
Ma cosa potrebbe essere questo quid? Ammettendo che
questo approccio logico abbia fondamento, il Rasoio di Ockham, almeno riguardo
alla dimensione temporale, suggerisce che i fenomeni mentali di tipo ESP non
sono inquadrabili nel modello della fisica classica o quadridimensionale.
Tuttavia non ne esclude la natura fisica, nel senso più ampio del termine. In
base alla fisica, infatti, fuori dal nostro universo esiste il Vuoto (= tutto
ciò che non è esprimibile nei termini di spazio, tempo e materia). Ma questo
Vuoto potrebbe essere pienissimo… di tutto ciò che non è materia-tempo-spazio
(il nostro universo). Tuttavia, estendere tali proprietà anche al Vuoto che
esiste all’interno dell’Universo potrebbe fornire la spiegazione di certi
fenomeni (o al contrario… accertare questi fenomeni, potrebbe estendere le
proprietà del Vuoto anche all’interno dell’universo di materia).
Se così fosse, i fenomeni paranormali sarebbero fenomeni
fisici di un universo non quadridimensionale e materiale che interagiscono in
qualche modo con esso. Quindi la fisica potrebbe servire al massimo per
rivelare gli effetti, ma non per spiegare i meccanismi. Il modello basato sulla
trasmissione di onde celebrali e sulla conseguente vibrazione per simpatia — usato
in passato dalla scienza per imbrigliare l’inspiegabile in due noti concetti
fisici correlabili all’attività neuro-elettrica del cervello — è assurdo
proprio dal punto di vista fisico, in quanto le energie necessarie sarebbero
così elevate da non poter essere giammai generate da un essere vivente (ad
esempio, rispetto al tempo… dove l’energia richiesta è pari a quella
sprigionata da un buco nero). Ciò non significa che “la vibrazione per
simpatia” sia totalmente estranea al fenomeno extrasensoriale… ma semplicemente
non ne è il motore… ovviamente, se la matrice materiale viene intesa come campo
di contenimento.
Preveggenza e destino
Il fenomeno preveggenza/precognizione ci pone di fronte a
due problemi. Perché la manifestazione avviene in un dato momento? Sapendo cosa
accadrà, è possibile modificare gli eventi? La seconda domanda coincide, in
altra forma, con le implicazioni teoriche del viaggio nel tempo. Vedere o
sapere cosa accadrà… ma non quando… mette l’esper nelle stessa condizione di un
ipotetico viaggiatore nel futuro, che avendo esperienza di ciò che averà,
tornasse al presente per cambiare il proprio destino. Ad un’analisi più
attenta, però, questi due modelli ipotetici hanno una profonda differenza. Il
viaggiatore temporale avrebbe di fronte a sé la risultante di tutti i destini…
l’esper conosce, invece, lo sviluppo di un solo evento o di una sola catena di
eventi… senza dettagli sui “contorni” della vicenda.
In base al modello fisico preso come punto di
riferimento, la realtà è più rigida o più elastica anche all’interno dello
stesso universo possibile (nella formulazione del Multiverso quantistico).
Analizzando lo schema e i fondamenti logici delle teorie fisiche, sorge il
dubbio dell’effettiva aderenza alla realtà delle stesse di fronte situazioni
limite come questa. Il sistema fisico classico è basato su una logica
vero-funzionale (vero o falso, bianco o nero, 0 o 1, vuoto o pieno, ecc…) e il
modello quantistico del Multiverso cerca di preservare la validità di questo
modello spostando la non-verofunzionalità agli altri universi possibili. In
realtà, tutti i sistemi fisici andrebbero riscritti basandosi sulla logica
sfumata (fuzzy logic)… poiché nel mondo reale non esiste una soglia precisa tra
uno stato ed un altro (togliendo una palata alla volta da un mucchio di sabbia,
quando diventa un “mucchietto”?) salvo in casi limite (i valori estremi
dell’intervallo logico) [cfr. : P. Scaruffi; La Mente Artificiale, 1990].
Allora perché i modelli fisici funzionano? Com’è noto è
possibile simulare su un calcolatore, che per sua natura è vero-funzionale, un
comportamento fuzzy-logico in modo discreto, cioè dividendo in n parti lo
stesso flusso logico. Questo è ciò che avviene nelle teorie fisiche
vero-funzionali. Perciò, in una realtà fuzzy, non sarebbe sufficiente cambiare
un elemento per mutare la storia, poiché il flusso di eventi è dotato di una
certa elasticità. Tuttavia alcuni elementi (fatti, azioni, …) si potrebbero
trovare negli estremi dell’intervallo di possibilità. Ammettiamo un intervallo
tra 0 e 1… in alcuni casi ci troveremo in 0 oppure in 1, quindi in ambiente
perfettamente vero-funzionale.
Quindi è lecito supporre che cambiando questi elementi
0/1 si possa alterare il flusso parziale ovvero tutti i flussi ad esso
collegato… Nel normale sviluppo dell’esistenza, il trovarsi nel punto in cui
avviene un evento 0/1 potrebbe essere causa dell’evento paranormale,
soprattutto se ha una certa rilevanza, permettendo all’esper di percepire un
flusso di eventi ormai determinato, almeno nelle linee essenziali (quelle
percepite… il che spiegherebbe in parte la fumosità del “contorno”). Quindi il
flusso individuale del tempo non cammina linearmente ma, idealmente, a passo di
baco… cioè alcuni momenti (quelli 0/1) avvicinano in modo deterministico origine
e risultato… che poi si sviluppa linearmente secondo un tempo meccanico.
Conclusioni
Di fronte a fenomeni al limite della conoscenza, occorre
un’ampia collaborazione tra le varie aree del sapere e i loro rispettivi
metodi. Anche se i fenomeni paranormali si rivelassero una reverie, lo studio
di essi porterebbe un indubbio vantaggio in termini metodologici, preparando i
ricercatori del futuro ad imprese diverse ma altrettanto sfuggenti, e in
termini di conoscenza grazie alla collaborazione, implicando così il
riconoscimento della competenza di ogni area del sapere.
Albert Einstein, ad esempio, sosteneva che
“l’immaginazione è la parte più importante della conoscenza”. Una comunità
scientifica è , nel suo insieme, una istituzione democratica, che, nella maggior
parte dei casi, funziona. Tuttavia, allargando la visuale, tale “comunità”
assume aspetti oligarchici. Il rischio è che gli scienziati possano diventare
un gruppo di sapienti che decide, al posto della massa “ignorante”. Questo è
già accaduto nell’antica Grecia con i Pitagorici. L’utopia di uno stato retto
da Sapienti (matematici) si infranse contro una realtà composta da esseri
umani, i quali decretarono la fine di quella tirannia della razionalità
uccidendo barbaramente il suo ideatore, cioè Pitagora.
Esattamente come quelle persone, che tendono a diventare
(diciamo così) meno obiettive, quando ricoprono posizioni di rilievo,. Il più
delle volte il soggetto teme di essere deriso o, peggio, di venir considerato
folle. Tale comportamento non cambia anche se l’esperienza è riconducibile ad
uno dei comuni fenomeni psicologici sopra descritti. Se già si conosce
sufficientemente tale abilità per prevederne i risultati, che senso ha la
ricerca? In effetti, anche dal punto di vista razionale questo approccio è un
disastro totale.
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Gianluca Volarici
Iniziazione ai Fenomeni Paranormali - Libro >> http://goo.gl/REtq2W
Il mondo della Parapsicologia
Editore: Edizioni Mediterranee
Data pubblicazione: Gennaio 1999
Formato: Libro - Pag 136 - 13,5x21,5