Teoria dei molti mondi: di cosa si tratta?
Definizione della "teoria dei molti mondi", dal
Dizionario enciclopedico di Fisica Quantistica
La redazione S&C - 12/11/2015
Teoria dei molti mondi: di cosa si tratta?
ll "Dizionario enciclopedico di Fisica
Quantistica" è una guida alla realtà quantistica, dove tuttta la storia
della fisica, dalla A alla Z, viene affrontata con piglio appassionato ed
entusiasmante.
Siete curiosi di come funziona questo mondo (e tutti gli
altri)?
Allora, questo è il libro che fa per voi.
Estratto dal libro "Dizionario enciclopedico di
Fisica Quantistica"
La teoria dei molti mondi, viene definita anche,
alternativamente, teoria dei multi mondi o interpretazione dei molti mondi.
Cosa esprime?
Esprime che: “ogni qual volta il mondo deve affrontare
una scelta a livello quantistico, l’universo si divide in due (ovvero in tante
parti quante sono le scelte possibili), di modo che vengano realizzate tutte le
possibili opzioni.
Come se un elettrone potesse scegliere di passare tra due
fenditure e in un mondo l’elettrone passa attraverso la fenditura A,
nell’altro, attraverso la fenditura B.
Non sempre viene debitamente evidenziato che all’origine
di questa idea c’è proprio lo sviluppo dell’interpretazione di Copenhagen, che
risale al 1927 a opera di Niels Bohr.
In realtà, Bohr suggerì che si sarebbe potuto pensare
all’esperimento della doppia fenditura in termini di due realtà diverse, in
ognuna delle quali l’elettrone seguiva un percorso differente. Tuttavia
considerò il nostro mondo, il mondo così come lo sperimentiamo, come un ibrido
delle due possibilità, che producono interferenze tra i due mondi.
Quando ci mettiamo a osservare in quale fenditura sia
passato l’elettrone, rendiamo reale uno dei due monti, mentre l‘altro scompare,
e quindi non c’è interferenza.
Quella dei molti mondi è quindi una caratteristica
dell’interpretazione di Copenhagen, ma si tratta di mondi fantasma, che non si
ritiene abbiano una realtà fisica.
Secondo l’ipotesi di Bohr, se analizziamo la situazione e
scopriamo che l’elettrone è passato attraverso la fenditura A, la faccenda si
conclude.
Non viene ipotizzato che in una qualche realtà
alternativa ci sia una situazione analoga in cui però l’elettrone passa per la
fenditura B. Ma perché no?
All’inizio degli anni ’50, Hugh Everett, un laureando a
Princeton, lavorò sull’interpretazione di Copenhagen e sul magico collasso
della funzione d’onda, e decise che aveva più senso trattare ognuno dei
possibili eventi quantici come se esistesse realmente, in una realtà concreta.
Nel classico esempio del gatto di Schrödinger, ciò
implica che, se l’esperimento fosse realmente intrapreso, l’universo si
dividerebbe in due: in una realtà il ricercatore, aprendo la scatola,
troverebbe un gatto morto, mentre nell’altra realtà si troverebbe un gatto
vivo.
Incoraggiato da John Wheeler, supervisore della sua tesi,
Everett sviluppò quest’idea fino a farne un’interpretazione pienamente
funzionante della teoria quantistica, e dimostrò che l’idea che “tutte le
possibilità quantistiche siano contemporaneamente reali” portava alle stesse previsioni sperimentali
dell’interpretazione di Copenhagen.
Ciò si rivelò positivo, in un senso, negativo nell’altro.
Era positivo perché ogni esperimento intrapreso era in
accordo con le previsioni dell’interpretazione di Copenhagen e, quindi, in quel
contesto, la teoria dei molti mondi non poteva essere considerata errata. Ma
d’altro canto non c’era più modo di verificare, con adeguati esperimenti, quale
delle due interpretazioni “rivali” fosse veramente “corretta”. A quel punto, la
scelta diventava questione di gusti personali.
La ricerca di Everett venne pubblicata sulla rivista
Rewviews of Modern Physics nel 1957 assieme a una nota di Wheeler che ne
sottolineava l’importanza.
Nonostante ciò, quella teoria fu ampiamente ignorata,
finché Bryce DeWitt, dell’università della Carolina del Nord, se ne appropriò
verso la fine degli anni ’60.
Quel parziale insuccesso era sicuramente dovuto alle
sconvolgenti implicazioni dell’accettare che ci fossero un numero infinito di
realtà alternative, “là fuori”, coesistenti in un certo senso a quella da noi
sperimentata, nelle quali ogni possibile scelta quantistica veniva
concretizzata in un mondo o nell’altro.
Lo stesso DeWitt, scrivendo su Psysics Today (settembre 1970)
descrisse lo shock subito contemplando per la prima volta la possibilità che
esistessero circa «10100 copie di se stesso, leggermente diverse, che
continuano a duplicarsi all’infinito».
John Gribbin
Dizionario Enciclopedico di Fisica Quantistica con
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Dall'Acceleratore di particelle al campo del punto Zero -
Q come Quanto
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