Insegno Yoga
La relazione con gli allievi - Il potere delle parole -
Le riflessioni etiche - Dall'esperienza di una grande insegnante
di Donna Farhi
Insegno Yoga - Libro
Una grande insegnante di Yoga spiega come gestire le
relazioni tra l'insegnante e i propri allievi
In Insegno Yoga, Donna Farhi dà risposta al bisogno
crescente della comunità dello yoga di stabilire degli standard di
comportamento professionale e di formazione degli insegnanti.
Attingendo da un’esperienza d’insegnamento
pluridecennale, l’autrice esplora con passione e chiarezza i complessi
interrogativi che risiedono alla base della relazione fra insegnante e allievo:
• Come insegnante di yoga, come affronti i molteplici
ruoli che sei chiamato a rivestire, da consulente su temi di salute a
confidente personale, da mentore spirituale a terapeuta fisico?
• Come puoi tracciare dei confini sani fra te e i tuoi
allievi, mantenendo un ambiente sicuro e di sostegno?
• Come gestisci un allievo difficile o problemi di natura
etica?
Il Testo è ricco di esempi di situazioni difficili
incontrate da Donna nel corso della sua esperienza professionale, che lei
chiama “Questioni etiche”. Infine, nella sezione “Eserciziario per insegnanti”,
vengono presentate altre questioni etiche, pratiche e provocanti, su cui ognuno
è invitato a confrontarsi con amici e colleghi.
Questa sezione sarebbe già di per sé sufficiente per
un'ideale Formazione degli Insegnanti
Leggi un brano estratto dal libro di Donna Farhi
"Insegno Yoga" sul legame tra insegnanti di Yoga e allievi
Anteprima di "Insegno Yoga" di Donna Farhi
Archetipi: come vive l’insegnante nella mente
dell’allievo
Come insegnanti dobbiamo guardare non solo a come
consideriamo il nostro ruolo di docenti, ma anche al modo in cui viviamo nella
mente dell’allievo.
Può essere sorprendente rendersi conto di quanto sia
importante il ruolo che a volte giochiamo nell’esperienza dell’allievo.
Spesso anche l’allievo apparentemente più distratto,
quello che in classe a malapena notiamo, potrebbe vederci come un vero punto di
riferimento. Potremmo avere un enorme impatto persino su allievi che non
abbiamo mai incontrato, che hanno studiato il nostro lavoro attraverso libri o
video.
Per questo motivo non dobbiamo mai sottovalutare
l’impatto che hanno le nostre parole e le nostre azioni.
Nel corso dei miei numerosi anni di insegnamento, le
lettere ricevute dagli allievi mi hanno permesso di rendermi conto dell’immenso
impatto che un insegnante può avere. Di seguito ne riporto alcuni esempi.
«Sono consapevole del pesante fardello della solitudine,
di portare un peso e di quanto raramente incontro qualcuno con cui posso
condividere liberamente ogni cosa, forse perché tu non hai paura di essere te
stessa e questa è la cosa principale che ho notato».
«Mi hai insegnato cose sulla vita e su di me più di ogni
altra persona al mondo. . . non so se senza di te avrei potuto superare il dolore
emotivo di questo ultimo anno».
«Da quando ho letto il tuo libro, sono diventato un
istruttore di Yoga qualificato e sento che la mia vita procede finalmente nella
giusta direzione ».
«Confesso che alla veneranda età di 66 anni, questa è la
prima lettera che scrivo a un mentore, per giunta così giovane».
«Il motivo per cui ho deciso di seguire il tuo corso
quest’anno è stato il fatto che la prima volta che ti vidi a una conferenza
pensai che tu fossi una persona eccessivamente piena di sé. E subito non mi sei
andata a genio. La mia reazione fu talmente forte che volli andare a fondo per
capire il motivo per cui mi avevi colpito tanto».
«Ovviamente la fama e la buona sorte ti avevano dato alla
testa e questo è il motivo per cui durante l’ultimo corso intensivo di Yoga eri
così distante da me».
Sono poche le professioni che abbracciano così tanti
ruoli come quella dell’insegnante di Yoga e perciò possiamo essere presenti
nella mente dell’allievo come un complesso insieme di archetipi. Un archetipo
è, come sappiamo, uno schema di pensieri, immagini o convinzioni universale,
solitamente basato su un’idea inconscia, che si trova nella psiche di un
individuo.
È alquanto improbabile, per esempio, che qualcuno ritenga
che un ingegnere possa essere una fonte affidabile per un consiglio medico o
che uno scienziato genetico possa fungere anche da consulente matrimoniale. In
determinati momenti, tuttavia, un insegnante di Yoga può agire con delle
competenze comparabili a quelle di un insegnante, un medico, uno psicoterapeuta,
un fisioterapista, un sacerdote, un genitore o la persona amata.
Quello che tutti questi ruoli hanno in comune è un
implicito squilibrio di potere, determinato dalla fiducia che viene riposta
nell’insegnante.
Ogni volta in cui qualcuno cerca l’assistenza di un’altra
persona per ricevere istruzione, cure, consigli, guida spirituale o consulenza
medica, legale o finanziaria, vi è un’asimmetria nell’equilibrio di potere,
poiché solo uno dei due detiene le conoscenze e le competenze necessarie.
Questo squilibrio viene creato da entrambe le parti: noi ci stabiliamo in un
ruolo di questo tipo e l’altra persona ci percepisce in tale ruolo.
Recentemente, mi è capitato di parlare con un collega
riguardo al suo comportamento sessualizzato nella relazione con allievi e
insegnanti in formazione. Lui cercava sia di giustificare il proprio
comportamento sia di svincolarsi dal suo ruolo di responsabilità dicendo: «Io
non sono un insegnante spirituale. Io sono amico dei miei allievi».
Ora, nell’annuncio promozionale egli si definisce un
“maestro di Yoga”. Ben pochi di noi definirebbero i propri amici dei maestri.
Il termine “maestro” significa «chi conosce pienamente una qualche disciplina
così da possederla e da poterla insegnare agli altri» e, in questo contesto, fa
riferimento a un adepto o esperto. Chiaramente qui vi è una certa confusione
fra il titolo che il collega si è autoassegnato, ciò che un allievo potrebbe
aspettarsi sentendo tale titolo e la volontà da parte del “maestro” di
rinunciare alle proprie responsabilità.
Questo rappresenterebbe motivo di grande confusione per
un allievo. Una delle sue allieve raccontò: «Mi ha detto che quando sono nella
classe sono un’allieva, mentre fuori sono la sua amante. Tutto qua!».
Ma la nostra struttura emotiva non è così semplice. Sono
poche le persone che possono accendere e spegnere i loro sentimenti a comando e
se ci riescono, questo avviene a discapito della loro integrità emotiva.
Esistono ragioni precise per cui alcuni ruoli sono
particolarmente ricchi di potere, come è il caso degli insegnanti di Yoga.
Approfondiamo altre possibili modalità in cui viviamo
nella mente dell’allievo.
Sutra II,15
In realtà, per il saggio tutto è dolore, a causa della
sofferenza provocata dal cambiamento,
dall’angoscia, dai samskara e dall’attività dei guna che
si contrastano reciprocamente.
L’insegnante di Yoga come guaritore
L’archetipo del guaritore è composto da diverse
sottocategorie fra cui medico, fisioterapista, psicoterapeuta e sciamano.
Questi ruoli presuppongono competenze specifiche che potenzialmente possono
guarire e alimentare le speranze di guarigione del cliente. Molti medici si
definiscono Yogaterapeuti e offrono i loro servizi ad allievi con problemi
fisici gravi o cronici.
Gli insegnanti di Yoga spesso fanno un lavoro simile a
quello di un medico. Lavoriamo in casi di debilitanti problemi alla schiena,
condizioni di salute gravi come il cancro, malattie cardiovascolari e numerose
altre patologie, molte delle quali non hanno ottenuto alcun miglioramento da
altri trattamenti. Come se ciò non bastasse, alcuni di noi impiegano molto più
tempo a lavorare con gli allievi (in ogni sessione e nell’intero corso) di
quanto possono fare i medici.
Ovviamente non intendo passare il messaggio che le cure
mediche standard non vadano seguite o che siano insufficienti, ma il fatto è
che, purtroppo, la maggior parte delle consultazioni mediche è veloce e poco
frequente. Non di rado i pazienti incontrano un medico diverso ad ogni visita e
questo determina una discontinuità nell’assistenza. Per contro, gli allievi di
Yoga hanno di solito contatti regolari con i loro insegnanti insieme ai quali,
a volte trascorrono anni se non una vita intera.
Nei primi anni della mia carriera, misi a punto un corso
di Yoga per esigenze speciali, rivolto ad allievi che diversamente non
sarebbero stati in grado di praticarlo, neppure nella più elementare delle
lezioni. Molti dei miei clienti con esigenze speciali venivano a me inviati da
fisioterapisti, unità spinali post-operatorie e altri medici locali, come per
esempio alcuni chiropratici. In alcune occasioni ho tenuto sessioni di
insegnamento a fisioterapisti che lavoravano in ospedale.
Iniziai ponendomi questa domanda: se sto lavorando con
una capacità simile a quella di un fisioterapista o medico, non dovrei forse
attenermi a standard professionali ed etici simili ai loro?
Quando frequentavo l’università il mio consulente
accademico, che come me coltivava un interesse per la medicina alternativa, era
solito dire che se una persona crede in un metodo di guarigione, questa fiducia
è importante quasi quanto la cura in sé. Riteneva pure che le persone si
rivolgono a terapeuti, medici e altri guaritori tanto per la qualità
dell’incontro quanto per l’esperienza e competenza del professionista. Quando
iniziai a lavorare come bodyworker e insegnante di Yoga, mi accorsi che
entrambe queste premesse erano reali.
I clienti spesso dicevano che l’ordine immacolato e la
calma della sala in cui si effettuava il trattamento li faceva sentire
immediatamente meglio. Notai anche che quando io stessa mi trovavo a scegliere
a quali professionisti della salute rivolgermi, la decisione dipendeva dalla
capacità di tali guaritori di concentrarsi a fondo sul processo e di ascoltare
con attenzione i miei problemi.
Quando consideriamo l’archetipo del guaritore, dobbiamo
tenere bene a mente che la nostra presenza e l’attenzione che rivolgiamo alla
persona sono già di per sé guaritrici. Quello che spesso offriamo sono
incoraggiamento e fede nella possibilità che una persona ha di guarire, non
promuovendo mai il concetto che noi, in qualità di insegnanti, siamo
dispensatori di guarigione.
Quando un allievo acquista la capacità di dedicare
attenzione e impegno incondizionati alle pratiche di guarigione, dobbiamo
chiarire che è la connessione dell’allievo con la propria saggezza interiore
ciò che porta davvero alla guarigione.
L’insegnante di Yoga come sacerdote
Un sacerdote è una persona che ci sta vicino nei nostri
più grandi momenti di dubbio e agisce per non farci perdere la fede.
I nostri allievi potrebbero custodirci nelle loro menti e
nei loro cuori come guide di questo tipo. Potrebbero confessarci i segreti, le
paure e le ferite che hanno condiviso con ben pochi altri.
Un allievo potrebbe confidarci una diagnosi di tumore
prima ancora di metterne al corrente la moglie e i figli. Un altro potrebbe
confessarci quanta vergogna provi per una malattia mentale mantenuta segreta
agli amici e ai colleghi per tutta una vita. E ancora, qualcuno potrebbe
parlarci della battaglia contro l’alcolismo, la bulimia o una dipendenza
sessuale contro cui ha lottato per tutta la vita.
Gli allievi ripongono un’enorme fiducia in noi e noi
dobbiamo ricambiarla mantenendo la riservatezza.
Proprio come un sacerdote deve mantenere il segreto
confessionale, allo stesso modo le confidenze ricevute da noi devono essere
mantenute fedelmente, salvo diversi accordi.
Gli allievi spesso condividono con noi informazioni
riservate perché provano troppa paura o vergogna a confidarle a chiunque altro.
Potrebbero sentire che nessun altro li comprenderebbe o manterrebbe per sé tale
confidenza con la dovuta cura. Potrebbe essere persino necessario rassicurare
l’allievo sul fatto che terremo per noi tutto ciò che ci dirà in confidenza.
L’allievo potrebbe poi vedere l’insegnante di Yoga come
il custode di uno spazio sacro in cui può esplorare la propria connessione con
la sua Divinità, con il suo atman (maestro interiore) o con Dio.
Per molte persone, avere un luogo in cui poter esplorare
la propria relazione con un potere superiore e parlare apertamente del proprio
cammino spirituale, è un dono raro. Per alcuni allievi la relazione yogica
potrebbe essere l’unico contesto in cui si sentono liberi di discorrere del
loro percorso spirituale.
Lavorare con l’archetipo del sacerdote presuppone non
solo di assistere al processo dell’allievo, ma anche di incoraggiarlo affinché
trovi il proprio saldo testimone interiore. Imparare ad accedere al proprio
sacerdote o sacerdotessa interiori aiuta l’allievo a individuare il potere che
ha lui stesso di invocare uno spazio sacro e, in caso di bisogno, di attingere
a risorse di una saggezza più elevata.
Sutra II,24
La causa della falsa identificazione del soggetto con
l’oggetto della conoscenza è l’ignoranza.
L’insegnante di Yoga come genitore
Talvolta l’allievo immagina l’insegnante come un vero e
proprio padre (o madre) o, più in generale, come espressione del padre o della
madre universali: questo archetipo è una proiezione comune fra allievo e
insegnante.
Siamo delle autorità e al contempo ci prendiamo cura
degli altri, così, spesso, gli allievi proiettano su di noi le esperienze
dell’infanzia non superate e il rapporto che avevano con i loro genitori.
Questo processo si può amplificare quando l’allievo si trova in corsi intensivi
o ritiri residenziali che, in un qualche modo, richiamano un ambiente domestico
e familiare.
Per questo motivo compresi ben presto che, quando si
lavora intensamente con un gruppo, è bene avere sia un insegnante uomo sia
un’insegnante donna. Un collega mi disse, a ragione: «Così come ci sono una
mamma e un papà, allo stesso modo ci vogliono due istruttori che possano
condividere le conseguenze indesiderate delle proiezioni!».
Espressioni comuni di questo archetipo sono il desiderio
dell’allievo di ricevere cure e attenzioni da parte dell’insegnante di Yoga e
la volontà inconscia che l’insegnante colmi la mancanza di attenzioni percepita
durante l’infanzia. In più, potrebbe sussistere un forte bisogno di
approvazione, riconoscimento o rassicurazione sul proprio valore, in
particolare se queste cose sono mancate in fase di crescita. Talvolta,
l’archetipo si manifesta sotto forma di ribellione, proprio come quando gli
adolescenti si spingono oltre il limite.
Come insegnanti di Yoga, dobbiamo chiarire che, sebbene
faremo ogni ragionevole sforzo per dedicare le dovute attenzioni all’allievo,
non ci faremo carico di lui, per evitare di renderlo infantile e di promuoverne
una non sana dipendenza dalla nostra attenzione. Anche se possiamo esprimere
lodi e riconoscimenti, quando questi vengono ricercati per attirare
l’attenzione o perché se ne ha il bisogno, è importante agevolare l’interiorizzazione
di processi di auto-approvazione, auto-conforto e autostima.
Secondo la mia esperienza, quando un allievo agisce in
modo ribelle, eccessivamente reattivo o inappropriato, generalmente ha sofferto
di un problema cronico di gestione dei limiti, a seguito di una scarsa quantità
di regole ricevute in fase di crescita. In questi casi, l’insegnante di Yoga
deve porre e mantenere con assoluta certezza limiti chiari; se poi un allievo
supera ripetutamente tali limiti, deve fargliene affrontare le conseguenze.
Una volta, avevo un’allieva che arrivava sempre in
ritardo di almeno quindici minuti (e qualche volta addirittura di
quarantacinque) alle mie lezioni. Questa donna attraversava mezzo Paese per
partecipare a un seminario, per poi arrivare tardi a lezione pur avendo la
stanza proprio in fondo al corridoio. Dopo averle chiesto di arrivare puntuale
(oppure di non presentarsi affatto) – richiesta più volte ignorata –
raccomandai al receptionist dello studio di Yoga di non permetterle di entrare
se fosse arrivata ancora in ritardo. Come c’era da aspettarsi, questo avvenne e
lei prese ad assillarlo accampando ogni genere di scusa e rivendicando tutti i
propri diritti ad entrare, fino a quando, come era prevedibile, l’uomo cedette.
Potremmo paragonarla a una figlia che piagnucola e assilla la madre per avere
una caramella, ottenere il permesso di andare in discoteca o acquistare un
vestito. Tuttavia, essendo entrata in un momento cruciale della lezione, non
volli disturbare la classe concentrandomi sul suo ingresso. Infine accadde un
giorno che arrivò in ritardo di quarantacinque minuti, così sussurrai alla mia
assistente di chiederle di lasciare la lezione immediatamente senza avviare
alcuna discussione, ma semplicemente ricordandole che condizione necessaria per
partecipare alla lezione era l’arrivare puntuali. Potete ben immaginare quanto
fu impopolare questa decisione, ma la donna non arrivò mai più in ritardo a una
lezione.
Ogni qualvolta un allievo ha una reazione forte o
inadeguata di fronte a una situazione, nasce in me il sospetto che tale
reazione sia scatenata da qualcosa che è nel vissuto della persona. La causa
scatenante potrebbe essere profondamente radicata nel suo inconscio o trattarsi
di un residuo dell’infanzia.
Ricordo un’allieva che chiese di incontrarmi dopo la
lezione per dare sfogo alla propria rabbia (alternando ira e attacchi di
pianto) dovuta al fatto che avevo solo criticato la sua pratica senza mai
lodarla. In quel momento rimasi sorpresa della sua reazione perché tutto ciò
che ricordavo era di aver speso un po’ di tempo aiutandola con una specifica
posizione. Poi realizzai che quando l’avevo corretta, questo doveva aver
provocato in lei un forte ricordo delle critiche ricevute durante l’infanzia,
quando, come lei stessa raccontò, «non ne faceva una giusta». Quando le chiesi
se era disposta ad analizzare la sua reazione insieme a me, emerse subito
chiaramente che si trattava proprio di questo.
L’insegnante dev’essere sufficientemente maturo da
riconoscere quando vi è un processo di proiezione in piena attività, evitando
di prendere la reazione dell’allievo come un attacco personale.
Mantenendoci calmi, distaccati e non sulla difensiva
mentre rassicuriamo l’allievo sul fatto che ci sta a cuore, gli forniamo un
luogo equilibrato in cui può lentamente districarsi dalla proiezione e
osservare la sorgente della reazione.
Una delle modalità più efficaci per lavorare su questo
tipo di archetipo è rivolgere l’allievo verso la sorgente ultima della cura e
dell’attenzione, il Sé Universale. Solo quando l’allievo impara a mettersi in
connessione con il proprio Sé superiore e a confidare in esso, accede davvero
alla maturità propria dell’essere adulto. Questo può avere conseguenze radicali
sulla vita dell’allievo, per quanto concerne le sue relazioni interiori: non
ricercherà più un padre o una madre nei propri compagni, ma sarà libero di
addentrarsi in relazioni più adulte e prive di vincoli.
Sutra II,38
Quando dimora nella continenza, egli acquisisce vigore.
L’insegnante di Yoga come amante
Può forse sembrare strano inserire qui l’archetipo
dell’amante, ma non vi è nulla di più dannoso per molti allievi dell’attenzione
ricevuta dai loro insegnanti (e viceversa).
Potreste essere la prima persona ad aver “visto” davvero
un allievo e lui potrebbe così avere iniziato a vedersi speciale. Potreste
essere la prima persona ad aver mostrato preoccupazione e cura incondizionate,
e ad aver ascoltato attentamente le sue parole. Infatti, l’insegnante di Yoga
tenta ogni volta di offrire la propria presenza senza riserve. Dovremmo dunque
sorprenderci quando un allievo legge in tale relazione la possibilità di
un’unione intima?
È possibile da parte di entrambi, insegnante e allievo,
formarsi delle fantasie sull’altro.
Non vi è nulla di intrinsecamente malsano nell’attrazione
sessuale e nelle fantasie sorte sulla scia di tale attrazione. Quando queste
sensazioni sono contenute e non manifestate, possono essere controllate per il
bene di entrambe le parti.
Non è facile capire se questo fenomeno è più forte nelle
donne che negli uomini, dato che, nella maggior parte delle classi di Yoga c’è
una prevalenza di donne. Sembra che vi sia un’alta incidenza di donne, in
particolare giovani donne, che cercano autostima attraverso relazioni intime
con i loro insegnanti di Yoga.
Ho sentito molte storie di donne di questo tipo e tutte
sembrano essere accomunate da un senso del sé scarsamente sviluppato, che non
solo le ha portate a cercare una relazione intima con il loro insegnante di
Yoga (spesso sposato), ma pure a continuare a lungo la relazione anche dopo
aver constatato che era stata una fonte di conflitto e sofferenza.
Una donna affermò: «Ogni incontro mi dà un picco
iniziale, seguito da un profondo senso di inutilità».
In questo libro il tema dei limiti appropriati e di una
relazione insegnante-allievo di tipo etico viene affrontato in modo
approfondito, quindi per ora ci limitiamo a vedere questo archetipo come
desiderio ultimo universale, un bisogno di profonda intimità e appartenenza.
Questo comprende la voglia di amare e di essere amati, di
vedere ed essere visti. Quando un insegnante comprende questo archetipo per
quello che è, cioè un desiderio da parte dell’allievo di riconnettersi col
proprio Sé superiore e di sentirsi un tutt’uno con esso, può comprendere la
seria importanza del mantenere saldo il limite fra sé e l’allievo.
Abbiamo gettato uno sguardo sugli archetipi del
guaritore, del sacerdote, dell’amante e del genitore. Certo questa lista non è
esaustiva e per forza di cose esistono altre influenze.
È impossibile prevedere o quantificare come l’immagine
dell’insegnante viva nella mente di un allievo. Pertanto la cosa più sicura e
saggia da fare è partire dal presupposto che occupiamo nella mente dell’allievo
uno spazio di proporzioni maggiori di quanto possiamo immaginare. Di
conseguenza abbiamo una responsabilità ancora più grande di mantenere
l’integrità della relazione.
Prima di addentrarci più a fondo nell’etica della
relazione insegnante-allievo, può essere utile analizzare alcuni dei più comuni
fenomeni che danno un’impronta alle interazioni fra insegnante e allievo.
Donna Farhi
è una delle più rinomate e amate insegnanti di Yoga a
livello internazionale: nata e vissuta a lungo in America, vive attualmente in
Nuova Zelanda. Insegna e tiene seminari da vent'anni; ha collaborato alle
riviste Yoga Journal e Yoga
International, e ha pubblicato The Breathing Book e Yoga, Mond & Spirit che
nell'ambiente dello Yoga sono ormai due classici.
Indice
Ringraziamenti
Introduzione
Parte I - Comprendere la relazione insegnante-allievo
Il ruolo sacro dell’insegnante
Che cos’è un insegnante di Yoga?
L’insegnante di Yoga come mentore
Etica e comportamenti etici
Archetipi: come vive l’insegnante nella mente
dell’allievo
L’insegnante di Yoga come guaritore
L’insegnante di Yoga come sacerdote
L’insegnante di Yoga come genitore
L’insegnante di Yoga come amante
Transfert, contro-transfert, proiezione, adorazione ed
emulazione
Disincanto nei confronti dell’insegnante e rinegoziazione
del rapporto
Sani limiti
I bisogni sociali, personali e sessuali dell’insegnante
In sintesi
Parte II - L’etica dell’insegnamento dello Yoga
Formazione dell’insegnante
Programmi di formazione
Certificazione
I pericoli del carisma e le insidie della fama
Problemi medici e affermazioni infondate
Quando consigliare a un allievo di rivolgersi a un altro
professionista
Numero di allievi nelle classi
Numero di partecipanti in seminari e corsi intensivi
Brevi cenni sull’amplificazione
Composizione etica della classe
Livello delle lezioni
Come comunichiamo con gli allievi
Correggere e toccare
Il potere delle parole
Codice di condotta
Limiti
L’etica del denaro
Rimborsi
Scambi lavoro-studio e borse di studio
Abbigliamento appropriato per l’insegnante
Abbigliamento appropriato per l’allievo
Linguaggio volgare
Riservatezza
Parlare di altri insegnanti o metodi
Codici etici
Linee guida etiche per insegnanti di Yoga elaborate dallo
Yoga Research and Education Center
Protocolli di gestione delle lamentele
Porte che si aprono
Parte III - Eserciziario dell’insegnante: risolvere
questioni etiche
Un modello operativo
Esempio di questione etica: allievo in cerca di
attenzioni
Esempi di questioni etiche
Appendice - Yoga Sutra di Patanjali
Traduzioni citate
Sutra citati
Note
Autrice
Indice analitico
Donna Farhi
Insegno Yoga - Libro >> http://goo.gl/XNF7MD
La relazione con gli allievi - Il potere delle parole -
Le riflessioni etiche - Dall'esperienza di una grande insegnante
Editore: BIS Edizioni
Data pubblicazione: Luglio 2015
Formato: Libro - Pag 192 - 14,5x21cm