Cosa sono i buchi neri?
Cosa accade quando una stella di grande massa finisce la
sua vita? Come nascono i buchi neri e quali sono le loro straordinarie
caratteristiche fisiche
di Antonella Ravizza - 21/07/2015
Cosa sono i buchi neri?
Sembra paradossale ma i buchi neri sono gli oggetti
dell’universo più semplici da descrivere: basta conoscere la massa e la
velocità di rotazione, e tutte le informazioni sulla complessa struttura della
stella che li ha originati non interessano più.
Albert Einstein già nel 1915 formulò delle previsioni
sull’esistenza di buchi neri. A tal proposito scrisse delle equazioni che
vennero risolte nello stesso anno dall’stronomo Karl Schwarzschild, ma ad esse
non veniva ancora associato un significato fisico. Solo nel 1939, Robert
Oppenheimer e Hartland Snyder spiegarono con calcoli teorici che quando una
nube di gas si contrae a causa dell’attrazione gravitazionale, forma un buco
nero, ma si era ancora lontani dall’ottenere una vera e propria osservazione
astronomica. Queste osservazioni arrivarono negli anni Sessanta, quando si
scoprì che una stella di massa grande può concludere la propria vita con una
grossa esplosione e con il successivo collasso della sua parte più interna.
L'orizzonte degli eventi
Ma i buchi neri si possono studiare solo indirettamente,
osservando i fenomeni che avvengono nelle loro vicinanze, perché i buchi neri
non sono visibili: la luce stessa non può sfuggire da un buco nero. La materia
qui si muove a velocità molto elevata e sono emesse grandi quantità di energia.
Cerchiamo di capire bene cosa succede. Quando lanciamo in alto una palla, a
maggiore energia lanciata corrisponderà una velocità iniziale maggiore e anche
un’altezza massima raggiunta maggiore; poi naturalmente la palla ricadrà a
terra. Quando la velocità iniziale raggiunge la cosiddetta velocità di fuga, la
palla supera l’attrazione gravitazionale e non ricade più verso il basso. La
velocità di fuga varia al variare del corpo celeste su cui ci troviamo, perché
aumenta all’aumentare della massa del corpo celeste e diminuisce all’aumentare
del raggio del corpo stesso (vf=√(2G M/R) , dove G è la costante di
gravitazione universale, M la massa e R il raggio). È evidente che a parità di
massa la velocità di fuga aumenta se il raggio diminuisce: ci sarà quindi un
valore del raggio (che chiameremo RS) per cui la velocità di fuga diventa
uguale alla velocità della luce.
Dal momento però che nessun corpo può muoversi alla
velocità della luce, la nostra palla non sarà più in grado di sottrarsi
all’attrazione gravitazionale del corpo celeste. Questo significa che se un
corpo celeste ha un raggio inferiore a RS, neppure un segnale luminoso sarà in
grado di essere inviato dalla sua superficie al resto del mondo, sarà quindi
nero: un buco nero. La superficie di raggio RS sarà chiamata orizzonte degli
eventi, perché delimita ciò che possiamo vedere da ciò che non possiamo vedere
perché “inghiottito” dal buco nero. La caratteristica principale dei buchi neri
è, infatti, che il loro campo gravitazionale divide idealmente lo spazio-tempo
in due o più parti separate fra di loro da un orizzonte degli eventi.
Un'informazione fisica (come un'onda elettromagnetica o una particella) potrà
quindi oltrepassare un orizzonte degli eventi in una direzione soltanto: tutte
le informazioni sugli oggetti o segnali che cadono in un buco nero vengono
perdute ad eccezione di tre fattori, che sono massa, carica e momento angolare.
La termodinamica dei buchi neri
Per farci un’idea: per un buco nero di massa pari a
quella del Sole, RS è solo 1,48 km, circa mezzo milione di volte più piccolo
del raggio del Sole! Per avere così tanta materia in tanto poco spazio vuol
dire che siamo di fronte ad un collasso gravitazionale che accompagna le ultime
fasi della vita di una stella. La parte centrale della stella si contrae molto
velocemente e la materia cade verso il centro, dove si forma un campo
gravitazionale talmente intenso da intrappolare ogni cosa. Nel 1974 Stephen
Hawking, il noto fisico conosciuto per i suoi studi sui buchi neri e
sull’origine dell’universo, dimostrò un fenomeno alla base della termodinamica
dei buchi neri: in realtà un buco nero non è del tutto nero, perché esso emette
particelle, in quantità inversamente proporzionali alla sua massa, portando a una
specie di evaporazione.
Altri effetti fisici sono associati all’orizzonte degli
eventi: immaginiamo un astronauta che stia precipitando verso un buco nero. Se
riuscisse a sopravvivere al campo gravitazionale, non sentirebbe nulla di
strano all’avvicinarsi dell’orizzonte degli eventi; al contrario un osservatore
esterno vedrebbe i movimenti del povero astronauta rallentare continuamente,
fino a fermarsi quando si trovasse sull’orizzonte. Questo perché per la
relatività generale, il tempo di un osservatore in caduta libera, visto da un
osservatore distante, appare più lento con l’aumentare del campo gravitazionale
fino a fermarsi completamente sull’orizzonte degli eventi. Al contrario degli
oggetti aventi massa, i fotoni non sono rallentati o accelerati dal campo
gravitazionale del buco nero, ma subiscono un fortissimo spostamento verso il
blu in entrata.
Un buco nero al centro di ogni galassia
Dalle osservazioni astronomiche oggi si sa che al centro
di molte galassie, tra cui la nostra, ci sono buchi neri giganteschi. Essi
hanno una massa di milioni o centinaia di milioni di volte più grande di quella
del sole e si sono formati e ingranditi catturando gas a delle stelle. Una
prova diretta della loro esistenza si ottiene rilevando le onde gravitazionali
che emettono durante le fasi della loro esistenza. Si pensa che tutte le
galassie abbiano un buco nero supermassiccio nel loro nucleo: ciò permette di
spiegare la forte emissione di energia delle galassie attive, dovuta alla
trasformazione dell'energia gravitazionale contenuta in un disco di
accrescimento di gas sul buco nero.
Kip Thorne
Buchi Neri e Salti Temporali - Libro >> http://goo.gl/LNEcuk
L'eredità di Einstein
Editore: Castelvecchi
Data pubblicazione: Novembre 2013
Formato: Libro - Pag 650 - 15x22 cm
Nuova Ristampa: Giugno 2015