giovedì 10 dicembre 2015

Infinito e infinitesimo



Infinito e infinitesimo

Dalla matematica all’astronomia, dalla fisica alla religione passando per l’astrologia: i concetti di infinito e infinitesimo ci accompagnano in un viaggio senza fine nella storia dell’umanità

di Emanuele Cangini - 09/12/2015



Infinito e infinitesimo

Infinito e infinitesimo: due parole, semplici all’apparenza. Così semplici da non destare più alcun stupore, non fosse altro per i concetti sottesi ai quali sono solite rimandarci. Due termini molto antichi, a tal punto da affossare le proprie radici nell’albeggiare della civiltà, ma che solo in epoca più tarda troveranno terreno fertile per una definizione e una contestualizzazione più pratiche e tangibili. Infinito e infinitesimo, eccoli dunque: si pongono al centro di questa digressione, con la forza trainante di chi si oppone al proprio disvelarsi, temendo di rinunciare all’antico segreto gelosamente custodito.

L’infinito, l’incommensurabilmente grande, l’infinitesimo, l’indicibilmente piccolo, come colonne d’Ercole, che separano il mondo “conosciuto” da quello ignoto. Pensiamo alla geometria euclidea. per esempio; i suoi due postulati, punto e retta, possono essere intesi, senza incappare in contraddizioni plausibili, come rimandi metaforici proprio di “infinitesimo e infinito”. Il punto, l’entità adimensionale, inizio dal quale tutto sussegue, e la retta, sommatoria infinita di punti; intreccio dalle note davvero conturbanti. Pensiamo alla scienza ora, all’astronomia e alla chimica, pensiamo al telescopio e al microscopio: sensazionali strumenti che permettono di proiettare l’occhio umano ai limiti dell’universo osservabile, l’infinitamente grande, nel primo caso, mentre nel secondo concedono l’audace privilegio di sondare gli abissi delle scale infinitesime. Anche qui, il “dittongo infinito-infinitesimo”, ritrova la conferma della propria identità.

Infinito e infinitesimo, trascendente e immanente

Abbandoniamo per un attimo la sfera dell’immanente per votarci a quella del trascendente: trascendenza intesa come metafisica di una materialità dimenticata. Nella religione stessa si trovano tentativi, a tratti un po’ maldestri e affannosi, di coniugare i poli antitetici di una stessa dialettica: “alfa e omega”, Dio, il Principio Primo, nomi diversi di una stessa idea, di uno stesso concetto che ricongiunge l’infinito e l’infinitesimo in uno stesso nucleo promotore.
Il grande che sposa il piccolo, poiché nel piccolo risiede il grande e viceversa, come se le unità fossero solo in apparenza distinte, frutto di una distorta elucubrazione, di una errata e limitata percezione delle cose. Concediamoci ora l’accesso alla sfera simbolica: quell’otto orizzontale, simbolo di infinito, si affianca al simbolo dell’infinitesimo, quasi a volerne affermare una dimensione curvilinea e dispersiva che si oppone a una focalizzazione (il triangolo dell’infinitesimo può essere pensato come una sorta di “obiettivo”) mirata e scansionatrice.

Anche la matematica cartesiana ci viene in soccorso, con il suo piano bidimensionale tanto caro agli affezionati analisti: una curva asintotica che si avvicina progressivamente a uno dei due assi, senza però intersecarne mai la retta direttrice… non è forse questo un esempio sublime di infinito?

Sempre la matematica, con perentoria galanteria, ci propone uno sposalizio unico nel suo genere: gli insiemi numerici nel loro divenire progressivo coniugato agli ordini, sempre numerici, di ordine inferiore. I numeri naturali per esempio (N) o gli interi (Z), oppure quelli razionali (Q). Possiamo facilmente notare il connubio dell’infinitamente grande nell’infinitamente piccolo, semplicemente attuando una corrispondenza “uno a uno” tra, per esempio, un numero naturale e uno razionale compreso nell’intervallo [1,2]. Potremo sempre soddisfare tale corrispondenza, notando che per ogni numero appartenente all’insieme N sarà sempre possibile determinarne uno corrispondente appartenente all’insieme Q nell’intervallo [1,2].

Due ordini di infiniti dunque, uno dei numeri naturali che avanza in incremento di una unità, l’altro dei numeri razionali (rappresentabili come frazioni) che, anch’esso, procede seppure con cadenza diversa. Due diverse “densità numeriche” che celebrano una comunione di cammino, tra un infinito inteso come canonicamente concepito, e un altro che calandosi in una “realtà” inferiore ripropone la stessa progressione seppur in un contesto “infinitesimale”.

Difficile perciò non pensare se infinitesimo e infinito siano davvero separati o, diversamente, l’uno compenetri l’altro. Come del succitato concetto di Dio, l’onnicomprensivo che tutto permea, anche la matematica pare darci indicazioni suggestivamente divine. A buon sorriso dei pitagorici e di Pitagora stesso che, dalla Grecia a Crotone, impartivano nelle loro scuole misteriche, le dottrine più segrete, tanto preziose da ricordarci gli antichi culti delle celebranti Pizie, sacerdotesse di Apollo, eredità di antichi culti pagani, tanto nobili quanto dimenticati.

Anche nella fisica lo stesso dilemma

“Il moto perpetuo”, tanto caro alla fisica, espressione efficace di infinito, e il "quanto”, concetto cardine della fisica dei quanti: così lontani come categorie astratte, eppure facenti parte del medesimo costrutto teorico di studio del creato. Anche nella fisica dunque si celano paradossi ben lontani dalla dimensione di “esattezza” attribuitale nei secoli della seconda metà del Novecento. L’antica ruota zodiacale, anch’essa a suo modo, ci ripropone l’eterna altalenanza di un dilemma risolto a tratti e a tratti ulteriormente ingarbugliato: il cerchio, come sommatoria circolare di punti, ripropone il tema dell’infinito che ricorre su se stesso.

Un infinito identico per natura ma diverso per struttura, che non esula però dalla sua essenza indefinita: trova convivio con esso l’infinitesimo, espresso nelle peculiari disposizioni puntiformi planetarie, indici delle attitudini antropologiche ed espressione del divenire fenomenologico del soggetto studiato. Un viaggio lungo questo, del quale probabilmente mai vedremo il capolinea. Chissà che tale dicotomia non sia solo negli occhi di chi guarda… chissà che, se è vero che “l’essenziale è invisibile agli occhi”, allora non sia solo il frutto di un miraggio menzognero.

Il piccolo principe allevava la sua volpe con premura e con affetto. Sapeva bene che le piccole, infinitesime, cure del quotidiano avrebbero senza dubbio nutrito, l’infinito legame che per sempre li avrebbe avvicinati.

John D. Barrow
L'Infinito - libro >> http://goo.gl/fJUdvf
Breve guida ai confini dello spazio e del tempo